I fuori gioco del Sahel
giugno 2014
Carlos stava quasi per farcela.Mancavano poche miglia per raggiungere l'isola
del tesoro con altri 450. La polizia libica ha intercettato il battello che
colava a picco. Giocatore di volley col sogno italiano dietro la rete. Carlos è
partito quattro mesi fa dal Camerun che ha chiuso coi mondiali in Brasile. Ha
speso tutto quanto aveva e forse anche il futuro che non ha. I 'passeurs' sono
improvvisati fabbricanti di soluzioni per chi vuole nasconde l'identità. I
dinari libici non sono bastati per comprare il mare. Li hanno riportati e
detenuti a Tripoli. Per dodici giorni, come le tribù di Israele e gli apostoli
del galileo, li hanno picchiati. Sono stati infine deportati al paese di
transito più vicino, il Niger. Carlos è rimasto impigliato nella rete dei
mondiali di calcio degli schermi televisivi. Da poco si è accorto di essere
caduto in fuori gioco.
Sono almeno 18 mila i kilometri di muri costruiti in questi anni da quello
cinese in poi. Tra gli Stati Uniti e il Messico. Tra la Cina e la Corea del
nord. Tra le due Coree. Tra l'Arabia Saudita e lo Yemen. Tra Israele e l'Eglitto.
Tra l'India, il Pakistan e il Bangladesh. Tra il Marocco e il Sahara
Occidentale. In Grecia, in Turchia, a Ceuta e Melilla enclaves spagnole in
Marocco, a Cipro e dove sarà necessario difendersi. Muri e reticolati e griglie
e lame e sensori e droni e cartoni e leggi e documenti e sguardi e aggiustamenti
strutturali e agenzie di votazione e salvataggi delle banche e la confisca della
sovranità del popolo. 18 mila kilometri per difendersi dai barbari e mettersi
fuori gioco dalla storia.
Jalla e Ibrahim arrivano assieme di mattina come gemelli dopo la comunione. Il
destino verso la Spagna si è fermato ancora prima di cominciare. Un anno di
detenzione in Algeria per assenza di documenti certificati. L'espulsione alla
frontiera del Niger è ormai una formalità. Il viaggio prosegue con la fantasia
dei camion, le riserve d'acqua e la complicità del deserto. Prima di entrare a
Niamey un controllo dei poliziotti in cerca di denaro aggiuge tre giorni di
arresto. Durante il viaggio Ibrahim è informato che suo padre ha pensato bene di
andarsene prima. Vuole tornare in fretta in Sierra Leone dove cinque anni fà
salutava suo padre senza sapere. Elettricista di mestiere collega i fili stanchi
del suo passato. Jalla fa l'imbianchino di mestiere e ha smesso di dipingere
sogni. Senza volerlo si è trovato anche lui in fuori gioco.
Il muro del pianto e quello della vergogna, il muro di silenzio e quello della
paura, il muro del vicino e quello del mare, il muro negli occhi e quello dei
pregiudizi, il muro ereditato e quello appena costruito, il muro di sabbia e
quello delle armi, il muro di protezione e quello di esclusione, il muro dei
privilegi e quello della menzogna, il muro della violenza e quello dell'omertà,
il muro di gesso e quello di carte, il muro di recinzione e quello di divisione,
il muro visibile e quello nascosto, il muro provvisorio e quello della civiltà,
il muro del potere e quello della maggioranza, il muro che isola e quello che
crea il nemico, il muro di terra e quello di cielo, il muro che spaventa e
quello dove c'è chi disegna libertà dal fuori gioco.
Marcela ha 26 anni e si guarda allo specchio. Dice che non si riconosce più
perché il sole dell'Algeria le ha reso la pelle più scura. Ci sono voluti due
anni per capire di tornare a casa. Amiche le avevano mentito sulle meraviglie
che avrebbe trovato in quel paese. Non c'era nè soldi nè dignità. Lavorava come
domestica dopo essere fuggita dalla guerra della Costa d'Avorio. Nata nel 1988
in un quartiere popolare della capitale dove ha lasciato due figli senza padre.
Jolina ha dieci anni e il più piccolo otto. Manuela nasconde i capelli sotto un
velo scuro. Si guarda allo specchio e gli domanda quando tornerà quella di
prima. Ha preceduto di un giorno Guillaume, Nazaire e Romaric che giocava al
calcio. Lamin e Gibril sono riserve per la mano d'opera a buon mercato. Chris
cerca e non trova sua sorella e non è titolare di nulla. Darleh pensava di
giocare e invece la vita l'ha messo in panchina. Ora gioca con la vita e non
teme più il fuori gioco.
mauro armanino, niamey, giugno 2014