Roma città
aperta NOVEMBRE 2014
Note dal congresso mondiale dei migranti
Ci sta col titolo del film di Roberto Rossellini. Girato a Roma sotto
l'occupazione nazista che si spegneva nella disfatta. Una città aperta a 300
rappresentanti del mondo. Invitati migranti che hanno viaggiato da tutti i
continenti . Sono capitati assieme per scoprire come crearne un altro. Quello
che non è disegnato nelle cartine geografiche della globalizzazione. Lei è stata
inventata per fingere di unire i mondi. Invece non sono solo che i mercati a
circolare. Sarà processata dai poveri per alto tradimento. E in ultimo liquidata
come si fa con le merci inservibili. Chi di mercato ferisce di mercato perisce.
Invece l'altro continente esiste e resiste.. Sono storie che si incrociano per
imparare a disegnarlo assieme. Solo da lontano si apparenta con Babilonia. La
confusione delle lingue non diventa la lingua della confusione. A guardare da
vicino assomiglia ad una casa comune. Una casa di popoli che celebrano nella
convivialità. Un continente alla forma di città aperta.
All’inizio c’è una diaspora. Ci si dis-perde senza sapere dove. Così sono le
migrazioni da quando il mondo ha cominciato a funzionare. Le migrazioni
camminano tra la diaspora e la collaborazione. Era questo il tema che ha guidato
il congresso. Sostituendo con la parola sviluppo che è passata di moda e anzi se
la passa male. Sviluppo di chi, di cosa e da che parte. C’era una volta il terzo
mondo che appariva nella nuova frontiera di Kennedy. Sono nati i ‘corpi di pace’
che preparavano la guerra successiva. Spie del potere alcuni e spie del sistema
altri. All’ombra del Vaticano che con Francesco ritrova vigore sapienziale.Tra
diaspore e sviluppi ci sono quelli che si spostano. Sono in viaggio e i migranti
di questo raccontano. Quando passano frontiere neanche fossero feritoie. Nel
senso di ferite non rimarginabili a corto termine. Ti spogliano della tua
dignità di donna e palpeggiano i luoghi intimi come bersaglio per intercettare i
soldi. C’è chi piange sulla città tradita.
Sono tornato là
dove non ero mai stato.
Nulla, da come non fu, è mutato.
Hanno posto queste righe di una poesia di Giorgio Caproni. Sulla prima pagina
del quaderno del programma. Giusto per i partecipanti al congresso. I
costruttori di una città aperta l’hanno intuito. Loro sono una generazione TRA.
Una via di mezzo tra la partenza e un arrivo che non arriva mai. Non si va da
nessuna parte. Solo si torna a casa. Quella che non si è mai lasciata e che si
trova differente senza dirlo. Sono fatti così quelli che migrano.Lasciano una
casa per non trovarne un’altra. Non somiglia per nulla alla precedente. che non
ricordano. Erano trecento e disegnavano la città aperta. Invece di frontiere
c’erano linee. A loro interessano quelle che separano chi ha e chi è stato
derubato.. La linea che separa la giustizia dalla dominazione e la
disuguaglianza. La linea che si traccia ogni giorno tra chi ha diritto di
viaggiare e chi deve mendicarlo.La linea della violenza che esclude. Quella che
rende invisibile chi non compra mercanzie.I migranti sono disegnatori di linee
di inclusione. Progettano ponti semplici e ponti ad arcate. Quelli levatoi sono
smantellati. La città porta le strade piene di nomi.
Tutti hanno preso la parola e tutti ascoltavano. Ognuno con la lingua degli
altri. La cultura solo serve per comunicare. Giordania, Tanzania, India e
persino gli Stati Uniti d’America. Le Seychelles, lo Sri lanka, la Nigeria con
le ragazze di Benin City raccontate da Isoke che era arivata sui marciapiedi
d’Italia prima di altre. Le Filippine che fabbricano donne migranti che spesso
lasciano i figli dall’altra parte. Poi si occupano di una vecchia e dei figli
degli altri finché non crescono. Il Sudafrica che si ingoia la rivoluzione
ugualitaria. La Cina di Taiwan che offre una cena di gala per tutti. L’Australia
che rinchiude i migranti arrivati tardi, la Slovenia e la Germania. Il Ghana e
la Croazia, il Giappone che prende le foto e il Belgio che nel suo piccolo ha
creato un impero senza fine.L’Olanda, lo Sri Lanka, Malta e la Polonia. Del Perù
che vale sempre tanto, della Spagna col re, del Nicaragua che era Sandinista e
ora capitalista, della Repubblica Domenicana che non va d’accordo con Haiti, col
Brasile che non si è più rimesso dalla duplice delusione: il campionato mondiale
e la rielezione di Wilma. La cittadinanza è per tutti. I trecento delegati
migranti sono partiti con un pezzo di mondo. Esportano l’altro continente che
assomoglia a una città aperta.
Sul tavolo (sull’incerato a quadretti) ammezzato/ho ritrovato il bicchiere mai
riempito. Tutto è ancora rimasto/ quale mai l’avevo lasciato.Tutti i luoghi che
ho visto,che ho visitato,ora so – ne sono certo:non ci sono mai stato.(G.Caproni).
mauro armanino, roma/niamey, novembre 014