COMMENTO di Vauro Senesi
Sotto tiro, Flotilla pronta a salpare
Inizia oggi il mio «diario di bordo»
anche se il termine è improprio visto che a bordo ancora non sono. La «Stefano
Chiarini» è alla rada a Corfù. Le altre navi della Freedom Flotilla sono
ancorate in diversi porti greci e via via gli attivisti provenienti da tanti
paesi diversi stanno lasciando Atene per raggiungerle. Ci sono state e ci sono
forti pressioni da parte di Israele sul governo greco perché impedisca alle navi
di salpare alla volta di Gaza e le autorità stanno creando non poche difficoltà
di ordine burocratico per ritardarne in ogni modo la partenza che comunque è
ormai imminente. Prova ne è la continua escalation della propaganda israeliana
per screditare il valore assolutamente pacifico della Flotilla. Ieri il ministro
degli esteri Lieberman è arrivato a dichiarare che i pacifisti sarebbero tutti
attivisti terroristi che vanno cercando il sangue. Si va dal sostenere che a
bordo ci sarebbero liquidi chimici altamente infiammabili per bruciare i
commandos israeliani nel momento dell'arrembaggio, fino a far circolare su
Youtube il video di un presunto gay americano che racconta di non essere stato
accettato sulla Flotilla a causa della sua omosessualità.
E che, vista l'omofobia di Hamas, questa sarebbe la prova che Hamas è a capo
dell'organizzazione. Peccato che il video risulti postato dall'ufficio del primo
ministro israeliano. Ma a quanto pare non ci si limita soltanto a misure
propagandistiche, ieri (l'altro ieri per chi legge) una nave, la greca
«Giuliano» ha subìto un atto di sabotaggio, l'albero dell'elica è stato segato
da qualche esperto subacqueo. Nonostante la tensione il clima tra i pacifisti è
improntato all'ottimismo e la determinazione a portare a buon fine la missione è
molto salda.
Dopo gli stage seguiti da tutti per addestrarsi a non reagire con violenza, né
fisica né verbale, all'eventuale attacco israeliano in mare, sono stati
aumentati i livelli di vigilanza per evitare che qualche provocatore possa
riuscire ad infiltrarsi nelle file degli attivisti che si imbarcheranno. La
totale ed assoluta trasparenza sulla natura pacifica della operazione della
Flotilla è l'unica e la migliore risposta alla ostilità del governo israeliano
che già ieri si è visto costretto a ritirare l'assurda minaccia di non
consentire ai giornalisti che si fossero imbarcati l'accesso ad Israele per
dieci anni.
Del resto sulle navi saranno presenti anche giornalisti israeliani come Amira
Hass di Haaretz e Menechem Gantz di Yedoth Ahronoth che avrebbe dovuto
imbarcarsi proprio sulla «Stefano Chiarini» ma che salirà invece sulla nave
americana. Quella che si sta «combattendo» in questi giorni prossimi alla
partenza è in definitiva la «battaglia» tra chi ha dalla sua soltanto la
convinzione delle ragioni di un'azione di pace e chi considera queste una sfida
ed una pericolosa provocazione alla propria autorità ed è pronto ad usare ogni
mezzo lecito ed illecito per contrastarle.
In palio c'è la speranza. La speranza della gente di Gaza strangolata dalla
guerra e da anni di assedio di vedere apparire all'orizzonte del suo mare le
navi che insieme agli aiuti portino il segnale tangibile che esiste un mondo che
non la dimentica, che non la lascia sola.
Sulla nave che parla di
Stefano Chiarini
Corfù, 29 giugno 2011. Oggi forse posso davvero
scrivere che questo è un «diario di bordo» perché finalmente a bordo sono
salito. Anche se soltanto per una breve visita. La nave bianca e azzurra è
ancorata in una bella baia dell'isola, un porticciolo turistico, insieme a
piccoli yachts e barche da diporto, a pochi metri da due motovedette della
guardia costiera greca. E' un 30 metri con sul ponte pile di sedie allineate.
Uno di quei classici natanti che portano i turisti a fare gite marittime di
mezza giornata.
A poppa e sulle fiancate spicca però il nome scritto a vernice blu «Stefano
Chiarini».
Non posso negare di aver provato una strana sensazione nel leggerlo. Stefano era
un amico e un compagno non il nome di una barca. Ma è giusto che ora sia così.
«Siamo qui» mi diceva spesso, con la sua voce un po' nasale, quando riuscivo a
raggiungerlo al telefono mentre era a Baghdad sotto i bombardamenti nella prima
guerra del Golfo. Ed ora qui, che galleggia placidamente in questa baia
mediterranea, c'è la nave con il suo nome che attende di partire alla volta di
Gaza con il suo carico di umanità. Una partenza che di giorno in giorno si fa
più difficile.
Mentre i pacifisti che sono convenuti sull'isola per imbarcarsi continuano ad
essere impegnati quotidianamente in training di resistenza non violenta che
durano anche parecchie ore il governo israeliano sembra preso da una frenesia
isterica per impedire che la Flotilla possa salpare. Ieri (l'altro ieri per chi
legge) è stata sabotata, nello stesso modo di quella greca di due giorni fa,
rompendo gli alberi delle eliche, la nave irlandese, la «Saoirse». La «Saoirse»
era salpata già da diversi giorni. I sabotatori l'hanno scovata e raggiunta in
un piccolo porto turco dove era attraccata in attesa di poter raggiungere il
punto di incontro con le altre imbarcazioni. Continuano, anzi si intensificano,
da parte di Israele anche le pressioni politiche ed economiche sul governo greco
perché non consenta alle navi di salpare. Fonti vicine al medesimo parlano
addirittura della possibilità che la Freedom Flotilla possa essere classificata
come «questione riguardante la sicurezza nazionale» e questo potrebbe permettere
alle autorità greche, al di là delle difficoltà burocratiche usate fino ad ora
per rimandare il più possibile la partenza, il blocco definitivo delle navi.
Certo guardando la «Stefano Chiarini» sembra davvero assurdo e forse anche un
po' ridicolo che il governo di una potenza nucleare come quello di Israele è, la
possa considerare una minaccia e stia spendendo tante risorse politiche,
economiche e militari per non farle prendere il mare. Sul ponte incontro anche
uno dei «terroristi» pronti a «sfidare le forze armate israeliane».
Capelli folti e bianchi, giubottino multi tasche imbottito di rullini
fotografici, è il fotografo Tano D'Amico. «Tano perché qui?» gli chiedo «Ho
quasi settant'anni, quando ero giovane andavo in giro per il mondo, mi sembrava
troppo cattivo, volevo fare qualcosa per cambiarlo. Il mondo mi sembra ancora
cattivo, così ancora giro insieme a chi vuole cambiarlo». Tano forse non
riuscirà a cambiare il mondo ma mi piace immaginare che potrà presto con il suo
obiettivo inquadrare il sorriso di un bambino di Gaza eccitato e felice per
l'arrivo di tante navi, scattare la foto e regalare quel sorriso al mondo
cattivo
L'audacia della speranza
CORFÙ' 30 GIUGNO 2011.
Per la verità oggi a bordo della Stefano Chiarini è salita
soltanto la polizia greca per l'ennesima ispezione alla nave. La buona notizia è
che sembrerebbe che finalmente tutte le certificazioni necessarie perché possa
salpare siano a posto e che quindi sia terminato il calvario burocratico che
l'ha costretta all'ancora per tutti questi giorni.
Il condizionale però è d'obbligo, perché più si avvicina la possibilità della
Flotilla di partire più il governo israeliano intensifica le azioni volte ad
impedirlo.
Ormai è una sorta di sfida al logoramento per le centinaia di pacifisti arrivati
in Grecia per imbarcarsi. Non solo per la tensione provocata dalla incertezza
sulla data di partenza ma anche perché ognuno di loro è qui a spese proprie e
l'attesa grava non poco sulle risorse economiche di molti.
Nonostante questo fino ad ora non si registrano defezioni. È quasi incredibile
vedere, qui a Corfù, gruppi di giovani ed anziani di ogni paese.
Gruppi che uscendo dai lunghi training di addestramento alla resistenza pacifica
e dagli stage di diritto internazionale, si mescolano ai primi villeggianti che
stanno arrivando a frotte per l'inizio della stagione estiva. La quale purtroppo
segna pure l'inizio degli aumenti delle tariffe di alberghi e ristoranti.
In cambio si moltiplicano anche le iniziative per resistere alla offensiva
propagandistica israeliana. Oggi (ieri per chi legge) la nave americana Audacity
of hope nome tratto dal famoso libro di Obama, ha chiamato a bordo la stampa
internazionale perché potesse verificare l'assurdità delle accuse di terrorismo
che continuano ad essere rilanciate da Israele. Sulla Audacity of hope che è
ancorata nel Pireo sono saliti giornalisti di tutto il mondo. Accolti da canti
hanno poi seguito una conferenza stampa e sono stati liberi di girare in ogni
angolo della imbarcazione. Così si è scoperto che le armi che la nave passeggeri
nasconde nella stiva consistono in tremila lettere di solidarietà di cittadini
Usa ai cittadini di Gaza. Sono 36 gli «attivisti terroristi» americani che
attendono di imbarcarsi, tra di loro la scrittrice Premio Pulitzer Alice Walker
autrice dell'indimenticabile Il colore viola.
Prestissimo saranno resi pubblici i nomi di tutti i pacifisti che si
imbarcheranno sulle navi della Freedom Flotilla, in modo che chiunque, senza
scomodare potenti servizi segreti, possa sapere chi sono e da dove vengono.
Audacity of hope audacia della speranza e davvero sono audaci tutte le persone
arrivate qui in Grecia per portare speranza alla popolazione di Gaza. Queste
persone non si possono lasciare sole. La loro audacia ha bisogno di essere
alimentata dalla comprensione e dall'appoggio attivo dell'opinione pubblica
internazionale perché non rischi di spegnersi, insieme alla speranza.
Se i greci fanno come gli israeliani
CORFÙ' 1 LUGLIO 2011.
L'allarme è scattato questa notte. Intorno alle 4, sotto un
improvviso scroscio di pioggia estivo, la ragazza bosniaca e i due attivisti
italiani, durante il loro turno di guardia a bordo della «Stefano Chiarini»
ancorata nella baia, hanno sentito il rumore di una barca veloce nell'oscurità.
Poco dopo hanno udito un altro rumore, stavolta proveniente da sotto lo scafo
della barca, e visto delle bolle d'acqua apparire sulla superficie del mare. «I
mozzaeliche, ci sono i mozzaeliche» come sono stati affettuosamente
soprannominati i misteriosi subacquei che in questi giorni si dedicano appunto
alla amena attività di tagliare le eliche. Le due lance della Guardia marina
greca, subito allertate, hanno illuminato l'acqua con i loro riflettori, ma dei
mozzaeliche nessuna traccia. Stamattina (ieri per chi legge) altri sub si sono
calati in acqua per verificare se ci fossero stati danneggiamenti alla nave.
Macché, tutto a posto.
L'arcano si è risolto più tardi quando un tecnico ha scoperto che bolle e rumore
altro non erano che l'effetto di risucchio dello scarico del bagno della nave.
La tensione che era salita tra i pacifisti si è sciolta in ilarità. Anche se
certi falsi allarmi sono piuttosto comprensibili dopo le due autentiche azioni
di sabotaggio andate a buon fine in pochi giorni, l'episodio è indiscutibilmente
comico. Intanto sono arrivati oggi qui, a Corfù, sei degli attivisti irlandesi
che erano sbarcati sulla «Saoirse» sabotata in Turchia.
Purtroppo le notizie che giungono da Atene non hanno invece niente di comico.
Dopo che Netanyahu ha inviato un messaggio di ringraziamento a diversi governi,
incluso quello greco, per l'atteggiamento assunto verso la Freedom Flotilla,
quest'ultimo ha pensato bene di dimostrare ulteriormente il proprio zelo tramite
un comunicato ufficiale del ministero degli interni dove si dichiara che le navi
dei pacifisti non sono autorizzate a salpare per Gaza e che nel caso tentassero
di farlo sarebbero fermate dalla Marina militare greca. Questa mattina (per chi
legge ieri) gli attivisti della nave Usa «Audacity of hope» avevano manifestato
insieme ad altri di diverse nazionalità davanti all'ambasciata americana di
Atene per chiedere al loro governo di far rispettare alle autorità greche il
loro diritto di salpare, la nave batte bandiera a stelle e strisce. Come unica
risposta hanno ottenuto uno schieramento di reparti antisommossa della polizia
ellenica che li ha rudemente fatti allontanare dall'ingresso della sede
diplomatica. Vista l'uscita della dichiarazione del ministero degli interni
greco, dopo aver avvertito le autorità portuali del Pireo che il protrarsi della
permanenza della nave nel porto rappresenta un rischio per la stessa esponendola
a tentativi di sabotaggio, intorno alle 18 ora locale, la «Audacity of hope» ha
deciso di levare comunque le ancore e tentare di prendere il mare. È stata
intercettata e bloccata da uomini armati della guardia costiera dopo meno di 20
minuti di navigazione. Dalla nave fanno sapere di essere fermamente intenzionati
a lasciare le acque greche e che il tentativo sarà quindi ripetuto. Anche le
altre navi della Flottiglia ancorate nel Pireo sono ora presidiate dalla polizia
grecainclusi i due cargo, quello greco e quello dell'European Campaign. Intorno
alle 21.30 ora locale arriva la notizia che anche la nave canadese la «Tahrir» -
ancorata a a Creta - ha tentato di salpare, bloccata dalla guardia costiera.
Militari armati della marina greca sono saliti a bordo. La situazione di stallo
che si era verificata sino ad ora sta subendo una brusca accelerazione in senso
negativo. Adesso sono i militari greci che fanno il lavoro di quelli israeliani.
Il blocco navale di Gaza si è esteso così fino alle coste del Mediterraneo.
Incarcerato ad Atene il comandante USA
CORFÙ' 2 LUGLIO 2011.Ad Atene il capitano della nave Usa «Audacity of hope», John Klusmire,cittadino americano, è stato incarcerato con l’accusa di atto criminoso in base all’articolo 128 del codice navale greco. Il suo tentativo di ieri (venerdì per chi legge) di salpare dal Pireo avrebbe infranto la norma che impone ai capitani di sottostare agli ordini del ministero degli interni in caso di guerra o di forti tensioni nei rapporti internazionali. Pare che il presupposto di questa nazione siano le ripetute dichiarazioni di Netanyahu sulla determinazione di Israele a ricorrere alla forza qualora la Freedom Flotilla riuscisse ad avvicinarsi alle acque di Gaza ed alla lettera, datata 24 maggio, in cui il presidente delle Nazioni unite Ban KiMoon invita i governi nazionali a scoraggiare la partenza delle navi pacifiste. Martedì prossimo l’accusa contro il capitano sarà formalizzata in tribunale. E’ chiaro che il governo greco ha deciso di classificare la vicenda delle navi ancorate nei suoi porti come questione di sicurezza interna nazionale e questo potrebbe portare al blocco definitivo delle imbarcazioni. Non mancano i segnali in tal senso. A Creta, dove è ancorata la nave spagnola «Guernica» motovedette della guardia costiera si sono schierate davanti al natante in modo da impedirgli ogni possibile manovra. I pacifisti hanno risposto con proteste e manifestazioni che hanno trovato anche il consenso e la partecipazione della popolazione locale. Altre manifestazioni si stanno organizzando ad Atene. Il coordinamento internazionale della Flotilla ha deciso inoltre di chiedere ai parlamentari dei rispettivi paesi di intensificare le iniziative politiche sui loro governi e sull’Unione europea e le pressioni diplomatiche sulla Grecia perché riveda la sua posizione che agli occhi di molti appare totalmente illegittima. Rabbia, amarezza, stanchezza ed insieme voglia di reagire sono le sensazioni che provano i pacifisti in attesa di imbarcarsi sulla «Stefano Chiarini» a Corfù. Anche se qui la situazione sembra molto meno tesa che negli altri porti. Il trenta metri turistico continua a galleggiare placidamente nella baia e non si segnalano particolari misure prese da polizia o guardia costiera. Ieri, con l’arrivo dei 6 irlandesi, profughi della «Saoirse» sabotata in Turchia, il numero degli aspiranti passeggeri ha quasi raggiunto le 80 unità. Immaginarli stipati per giorni nella piccola imbarcazione fa venire i brividi, eppure tutti fremono dalla voglia di partire per raggiungere Gaza. E’ un gruppo davvero eterogeneo, uomini, donne, alcuni anziani altri giovani. Vengono, oltre che dall’Italia, dalla Norvegia, dalla Germania, dalla Svizzera, dall’Olanda, dalla Russia, dalla Malesia e certamente sto dimenticando qualche paese. Si riuniscono in continuazione, per nazionalità o tutti insieme, per discutere, proporre, lanciare idee che possano incrinare quella che è sta diventando un’attesa che a momenti pare non dover mai finire. E’ un caleidoscopio di volti e di parole in un inglese che contiene tutta la gamma di accenti possibile, di proposte a volte sensate, altre volte stravaganti ingenue e anche buffe. Tra chi vuole incatenarsi alla nave a chi invece propone uno sciopero della fame ad oltranza. Agli occhi di chi non conoscesse la loro passione ed il loro impegno potrebbero apparire come una sorta di armata brancaleone, eppure questa armata brancaleone è riuscita a mettere in allarme la più forte potenza militare dell’area mediorientale. Ed anche questo potrebbe sembrare assurdo a chi non conoscesse la violenta ottusità della politica israeliana di questi anni per tutto ciò che riguarda la Palestina. Per la verità oggi una defezione c’è stata. Il giovane australiano è commosso nel salutare gli altri che restano. I suoi genitori sono profughi palestinesi migrati anni fa in quel lontano paese. Hanno raccolto i soldi per mandarlo a Gaza a trovare i parenti che vivono là. «Volevano che passassi per l’Egitto, dal valico di Rafah – racconta – ma io gli ho detto che se fossi riuscito ad arrivare con la Flotilla avrei potuto salutare non solo i nostri cari ma tutta Gaza». Ora però i soldi e il tempo non gli bastano più e deve partire con l’aereo per il Cairo. «Vi aspetterò al porto di Gaza, inshallah» dice mentre si allontana con le sue valigie. «Inshalla»
Prigionieri, come in una guerra
Corfù,4luglio2011 John Klusmire,il
capitano della nave statunitense «Audacity of hope», è ancora in carcere. Nessun
rappresentante dell’ambasciata americana lo ha incontrato, né chiesto di
incontrarlo fino al momento in cui sto scrivendo. Pare inoltre che il
trattamento a lui riservato da parte delle autorità carcerarie greche sia
particolarmente duro; segno che questa nave dedicata ad Obama - dove su52
persone in attesa di imbarco ben 30 sono cittadini Usa di religione ebraica,
molti gli anziani tra di loro - viene realmente considerata alla stregua di un
pericoloso covo di terroristi di Hamas. Alle 18 di ieri la nave canadese
ancorata a Creta - cui il giorno prima era stata negata l’autorizzazione a
prendere il largo alla volta di Rodi - è salpata, ma dopo 20 minuti è stata
abbordata dalla guardia costiera greca e costretta a rientrare. Di fatto le navi
della «Freedom flotilla» sono sequestrate a norma di un articolo del codice di
navigazione greco applicabile solo in caso di guerra o di emergenza interna. Ed
è proprio di fronte a una guerra che i pacifisti pervenuti qui da mezzo mondo si
sono ritrovati. Non quella a largo delle coste di Gaza preannunciata
dall’ammiraglio israeliano Eliezer Maron che si erano preparati ad affrontare in
modo assolutamente pacifico, ma ad una guerra di logoramento fatta prima di
ostacoli burocratici frapposti alla partenza, poi dichiarata ufficialmente con
l’applicazione da parte greca di leggi emergenziali che sospendono il
diritto internazionale ed europeo. Che l’assedio israeliano alla Striscia di
Gaza si sia esteso dal Mediterraneo mediorientale fino alle coste europee
non è più solo una nmetafora, è un dato oggettivo. Gli attivisti della Flotilla
si stanno mobilitando qui e nei loro paesi diprovenienza, perché questo
attentato alla libertà di circolazione di uomini e merci, del quale in Europa
non si ricordano precedenti recenti, venga denunciato per la sua gravità. Finora
al governo greco sono giunte solo le note di protesta di quello irlandese e di
quello francese. Quest’ultimo ribadisce il suo disaccordo con la missione della
«Freedom flotilla» ma chiede conto delle misure sproporzionate adottate per
bloccarla. Nel frattempo da Tel Aviv il ministro degli esteri Lieberman
ringrazia ufficialmente i governi europei per la collaborazione gentilmente
concessa a Israele. Un ringraziamento che dovrebbe suonare come una beffa alla
dignità istituzionale di governi che si sono piegati alle pressioni e ai ricatti
israeliani fino a sacrificare agli interessi di questi ultimi il diritto dei
propri cittadini ed al Consiglio europeo tutto che ancora non è stato capace di
far sentire la propria voce a fronte di tali violazioni. Qui a Corfù c’è
amarezza negli sguardi dei pacifisti. Alcuni si apprestano a partire, altri
resteranno ancora perché, seppur al momento appare quasi impossibile che le navi
riescano a salpare per raggiungere la meta che si erano prefissa, già si stanno
preparando da parte del Coordinamento internazionale della Flotilla nuove
iniziative per tenere alta l’attenzione sul dramma di Gaza sempre più isolata. E
c’è davvero da auspicare che questa vicenda abbia perlomeno l’effetto di rendere
chiaro agli occhi dell’opinione pubblica mondiale il livello di connivenze,
complicità, sudditanze che rafforzano la convinzione di impunità sulla quale il
governo israeliano conta per proseguire la sua politica di repressione cieca e
violenta delle istanze di libertà della popolazione palestinese.
Chiudo con queste poche righe il mio «diario di bordo» che di bordo non è potuto
essere ma certo non si chiudono le pagine di solidarietà attiva, di sostegno
umano e di mobilitazione alla gente di Palestina, ché il vento del mare che la
Freedom Flotilla 2 non ha finora potuto fendere le apra e le spalanchi
ostinandosi a raccontare della pace possibile.