F-35, CARRI ARMATI E CANNONI AVANTI TUTTA

Grazie alla decisione del governo, Leonardo continua la produzione. Proteste dei sindacati: "Non è solo un problema di ‘linea produttiva’, sono persone che si devono spostare, che devono prendere mezzi pubblici, che si muovono sul territorio"

 

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Circa 200 operai a Cameri (No), un altro migliaio abbondante nelle spezzino. Lavorano anche oggi, torneranno al lavoro domani. La produzione di componenti per aerei da guerra F-35, cannoni, carri armati non si ferma. È Leonardo in particolare che, dopo aver avuto il via libera del Governo grazie a un accordo tra esecutivo e AIAD, l’Associazione delle aziende della Difesa e dell’Aereospaziale. ReteDisarmo fa sapere che da oggi è ripartita nello stabilimento di Cameri la produzione dei cacciabombardieri F35.

“Nonostante le richieste di questi ultimi giorni delle nostre campagne e reti, da associazioni ed organizzazioni della società civile il gruppo Leonardo ha deciso – sfruttando il consenso preventivo e “in bianco” ottenuto dal governo – di riaprire lo stabilimento di assemblaggio e certificazione finale in provincia di Novara, con circa 200 operai presenti.
E’ inaccettabile che – rischiando di far ammalare centinaia di lavoratori – sia stata presa la decisione di continuare le attività industriali relative a un cacciabombardiere d’attacco che può trasportare ordigni nucleari: non è certamente una produzione essenziale e strategica per il nostro Paese, in particolare in questo momento di crisi sanitaria” si legge nel comunicato.

Situazione ancora più delicata nello spezzino dove opera Leonardo, Oto Melara, MdBa. “Non capiamo. Da una parte il Governo dice ‘state a casa’ però contrastare la diffusione del virus, dall’altra permette ai Prefetti, quindi emanazione del Governo stesso, di far tenere aperte fabbriche che essenziali davvero non sono” dice a EC la segretaria provinciale CGIL Laura Ghiglione.

“C’è stato uno sciopero venerdì scorso, ora i delegati stanno trattando con i responsabili aziendali. Parliamo di oltre un migliaio di persone tra operai nelle fabbriche e tutta la filiera coinvolta. Non è solo un problema di ‘linea produttiva’, sono persone che si devono spostare, che devono prendere mezzi pubblici, che si muovono sul territorio. Parliamo di commesse per armamenti come carri armati e cannoni da guerra tutte su ordinativi esteri. Dove è l’essenzialità di queste produzioni? Con Oto Melara, per esempio, siamo arrivati a un accordo e la gran parte dei lavoratori è in smart working e quei pochi che sono costretti a lavorare operano in condizioni di massima sicurezza, ben distanziati, forniti di dispositivi sanitari. Fincatieri è chiusa ma nelle altre fabbriche così non è. Chiediamo chiarezza ma soprattutto coerenza” conclude Ghiglione che rivela anche il fatto che nessuna comunicazione scritta in merito all’apertura delle fabbriche di armi sia mai arrivata ai sin