Hessel: "La mia indignazione riguardo alla Palestina

E' morto l'altro ieri in Francia a 95 anni Stéphane Hessel impegnato su ogni fronte: la giustizia, diritti dei popoli oppressi e per la fine dell'embargo israeliano su Gaza

venerdì 1 marzo 2013

di Stéphane Hessel

 

La mia principale indignazione, oggi, concerne la Palestina, la striscia di Gaza, la Cisgiordania. La fonte della mia indignazione è l'appello lanciato agli ebrei della diaspora da alcuni israeliani coraggiosi: voi, i nostri antenati, venite a vedere dove i nostri governanti hanno portato questo Paese, dimenticando i valori umani fondamentali dell'ebraismo. Sono andato sul posto nel 2002, poi cinque volte nel 2009.

Occorre assolutamente leggere il rapporto di Richard Goldstone su Gaza del settembre 2009, nel quale questo giudice ebreo sudafricano, che peraltro si dichiara sionista, accusa l'esercito israeliano di aver commesso, nell'operazione "Piombo fuso", durata tre settimane, "azioni assimilabili a crimini di guerra e forse, in alcune circostanza, perfino a crimini contro l'umanità". A Gaza io sono tornato nel 2009, con l'intento di riscontrare personalmente il contenuto di quel rapporto. Mia moglie e io siamo riusciti a entrare grazie ai passaporti diplomatici, ma le persone che ci accompagnavano non hanno ricevuto l'autorizzazione.

Neppure per la Cisgiordania. Noi invece abbiamo visitato anche i campi dei profughi palestinesi aperti nel 1948 dall'Unrwa, l'agenzia delle Nazioni Unite, dove più di tre milioni di palestinesi che Israele ha cacciato dalle loro terre aspettano un ritorno sempre più incerto. Quanto a Gaza, è una prigione a cielo aperto per un milione e mezzo di palestinesi. Una prigione in cui ci si organizza per sopravvivere. Più ancora delle distruzioni materiali, come quella all'ospedale della Mezzaluna Rossa opera di "Piombo Fuso", a tormentare la nostra memoria sono il comportamento degli abitanti, il loro patriottismo, il loro amore per il mare e le spiagge, la loro costante preoccupazione per il benessere dei figli, innumerevoli e ridenti.

L'ingegno con cui affrontano tutte le carenze di cui sono vittime ci ha molto colpito. In mancanza del cemento per ricostruire le migliaia di case distrutte dai carri armati, li abbiamo visti fabbricare mattoni. Ci hanno confermato che nel corso dell'operazione "Piombo Fuso", condotta dall'esercito israeliano, i morti- donne, bambini, vecchi nel campo palestinese - sono stati millequattrocento, contro cinquanta feriti da parte israeliana. Condivido le conclusioni del giudice sudafricano. Che degli ebrei possano perpetuare a loro volta dei crimini di guerra, è una cosa insopportabile. Nella Storia, purtroppo, gli esempi di popoli che imparano dalla propria storia non abbondano.

So bene che Hamas, pur avendo vinto le ultime elezioni legislative, non ha potuto evitare il lancio di missili sulle città israeliane in risposta alla situazione di isolamento e di blocco in cui gli abitanti di Gaza si trovano. Ovviamente ritengo che il terrorismo sia inaccettabile, ma bisogna riconoscere che quando i mezzi militari di chi ti occupa sono infinitamente superiori ai tuoi, la reazione popolare non può essere soltanto non-violenta.

Serve ad Hamas il lancio di missili sulla città di Sderot? La risposta è no. Un simile gesto non giova alla sua causa, ma si spiega con l'esasperazione della gente di Gaza. In un orizzonte di esasperazione, la violenza va intesa come un esito infelice di situazioni che sono inaccettabili per chi le subisce. Si potrebbe dunque dire che il terrorismo è una forma di esasperazione. E che questa esasperazione è un termine negativo. Non bisogna esa-sperare, bensì sperare. L'esasperazione è un rifiuto della speranza. La si può comprendere, direi quasi che è naturale, ma non per questo accettare. Perché non consente di raggiungere i risultati che potrebbe invece produrre la speranza.
 Nena News