Il nuovo volto aggressivo di US Army Africa Vicenza
di Antonio Mazzeo
Passa da Vicenza la tappa clou del processo di ammodernamento
strategico dell’esercito degli Stati Uniti d’America. Con l’obiettivo di
disporre di truppe sempre più versatili, flessibili, rapide ed efficienti, il
Comando centrale di U.S. Army ha annunciato che nel marzo 2013 verrà attivata
una brigata di tremila uomini per operare in Africa nell’ambito di un programma
pilota denominato regional alignment concept. Si tratterà di un primo test del
nuovo modello strutturato su basi rotatorie, che - secondo il Pentagono -
consentirà di predisporre di un adeguato numero di soldati pronti ad intervenire
per “brevi missioni principalmente finalizzate all’addestramento e alla
formazione militare”. La “rotazione” della nuova brigata allineata regionalmente
sarà condotta da U.S. Army Africa, la componente terrestre del comando
statunitense per le operazioni nel continente africano (Africom), di stanza a
Vicenza. Secondo quanto specificato dal portavoce Africom di Stoccarda, dalla
prossima primavera, i militari della nuova task force saranno impegnati in
diversi “tour” in Africa “per addestrare a sostenere le truppe locali”. I
singoli interventi dureranno “da un paio di settimane a qualche mese” e
“includeranno missioni multiple in luoghi differenti”. Il concetto strategico
relativo alle regionally aligned forces verrà poi esteso alla regione
mediorientale e al Pacifico.
La 2^ brigata da combattimento della fanteria, denominata Dagger Brigade
(“brigata pugnale”) sarà la principale unità che verrà utilizzata per le
missioni “pilota” di U. S. Army Africa. “Gli uomini della Dagger Brigade 2/1ID,
per buona parte del tempo che saranno assegnati ad Africom rimarranno a Fort
Riley, Kansas”, ha dichiarato Andrew Dennis, un colonnello britannico che sta
lavorando per l’esercito statunitense come capo-divisone per le “politiche di
difesa e cooperazione”. “I team che andranno in Africa potrebbero essere molto
piccoli, a livello di compagnia, ad esempio. Essi potrebbero essere coinvolti in
missioni di basso livello o con un’organizzazione più strutturata, e partecipare
pure a vere e proprie esercitazioni”.
La nuova visione operative e strategica dell’esercito statunitense è stata
commentate da Lesley Anne Warner, analista di questioni africane per il Centro
per gli Studi Strategici di Washington. “Per la prima volta da quando è stato
costituito il comando unificato per il continente africano nell’ottobre 2008, ad
Africom verranno assegnate a rotazione forze da combattimento che verranno
trasferite dalle basi continentali Usa a luoghi prescelti in Africa”, scrive la
Warner. “L’applicazione della Regionally Aligned Brigade indica che i militari
riconoscono la necessità di sviluppare un più efficiente sistema di gestione
della forza e di sperimentare un più ridotto e leggero concetto operativo. Così
facendo, si tenterà di mantenere una presenza globale rivolta contro le minacce
transnazionali tenendo ben presente le lezioni apprese dal lavoro con le forze
di sicurezza locali in Iraq e in Afghanistan nell’ultimo decennio”.
Il concetto relativo alla nuova brigata regionale consentirà inoltre al Comando
Africom di espandere le piccole missioni attualmente in corso, prime fra tutte
quelle dirette dallo Special Forces Command - Africa (SOCAFRICA) e dall’U.S.
Marine Forces - Africa (MARFORAF). “Un esempio di queste operazioni include lo
schieramento di cento uomini delle forze speciali per l’addestramento e la
consulenza della task force composta da quattro paesi, Uganda, Repubblica
Centroafricana, Repubblica democratica del Congo e Sud Sudan, che opera per
catturare il leader del Lord’s Resistance Army, Joseph Kony”, aggiunge
l’analista del Centro di Studi Strategici. “L’altro esempio è rappresentato dal
Marine Corps Special Purpose - Air Ground Task Force, la componente
specializzata aerea e terrestre del Corpo dei marines, composta da poco più di
200 uomini e organizzata in piccole unità, che viene impegnata dalla base di
Sigonella, in Italia, nella conduzione di interventi di cooperazione alla
sicurezza e nel potenziamento delle capacità di risposta per crisi limitate”.
L’attivazione della nuova brigata Usa si accompagna al rafforzamento delle
capacità di pronto intervento e proiezione delle unità di U.S. Army Africa di
stanza a Vicenza. Qualche mese fa, nella cittadina veneta è stata attivata una
piccola unità, l’Headquarters and Headquarters Battalion, per fornire i servizi
di supporto logistico a tutto il personale dell’esercito impegnato nel
continente africano. Nel corso della prima settimana di giugno, a Vicenza e
nella base aerea di Aviano, è stata sperimentato per la prima volta l’impiego
del Contingency Command di U.S. Army Africa (CCP), il comando mobile destinato a
dirigere i futuri strumenti di coordinamento e comunicazione per assicurare
“risposte flessibili e variegate” alle richieste di “dislocamento dei reparti,
di assistenza umanitaria o di evacuazione di non-combattenti”. “Le versioni del
CCP possono essere configurate sia su un team di collegamento di una decina di
persone che in un vera e propria task force di comando congiunto a supporto di
oltre cento persone per un’operazione di U.S. Africom”, ha spiegato il sergente
maggiore David Brasher, a capo del CCP. “L’esercitazione realizzata a Vicenza ed
Aviano ha certificato la capacità del Contingency Command di U.S. Army Africa
nel dislocare un comando avanzato con il relativo equipaggiamento grazie
all’impiego di un aereo cargo C-17. Il CCP adesso è pronto ad operare ovunque
sia necessario, in tutto il continente africano. Ci toccherà poi certificare la
giusta combinazione aerea per imbarcare i nostri rifornimenti in modo da
pianificare e realizzare le nuove missioni con la massima efficienza”.
Il potenziamento operativo di U.S. Army Africa è stato sottolineato dal generale
David R. Hogg, a capo delle forze terrestri di stanza a Vicenza sino allo scorso
mese di agosto. “Con sempre più soldati, U.S. Army Africa continuerà a
rafforzare i propri legami con i militari e i governi della regione, insegnando
tattiche di guerra, formando nel campo della logistica e della sanità, così come
combattendo la fame, le malattie e il terrorismo”, ha dichiarato Hogg.
“L’esercito statunitense consente attualmente ai propri soldati d’intervenire
solo in 46 dei 54 stati africani a causa dei pericoli alla loro sicurezza. In
occasione di una recente esercitazione, i militari Usa hanno addestrato le forze
armate ugandesi a rifornire per via aerea i commandos che nelle foreste
incalzano i ribelli del Lord’s Resistance Army, milizia accusata di aver
commesso atrocità in Africa centrale. Oggi, con l’autorizzazione del governo
dell’Uganda, un centinaio tra militari e civili statunitensi, inclusi due team
da combattimento, comando, comunicazioni e logistica, forniscono informazioni,
consulenze e assistenza alle forze armate partner che lottano sul campo contro
Joseph Kony”.
Grazie al finanziamento del Dipartimento di Stato, i militari di U.S. Army
Africa stanno pure assicurando l’addestramento delle truppe dei paesi africani
destinate alle controverse missioni di peacekeeping in Somalia e alla
“protezione dei convogli” e al “contrasto di dispositivi esplosivi improvvisati”
in Corno d’Africa. Nel prossimo futuro, sempre secondo il generale Hagg,
l’esercito statunitense “dovrà partecipare a corsi militari in Africa, nella
scuola francese di sopravvivenza nel deserto di Gibuti e nella jungla di Ghana e
Gabon”.
Da Stoccarda, i comandanti Africom precisano tuttavia di non avere intenzione, a
medio termine, di stabilire “basi permanenti” nel continente. Oggi, gli Stati
Uniti possiedono in Africa un Forward Operating Site “semipermanente” a Camp
Lemonnier (Gibuti), dove sono stati schierati più di 2.000 uomini della Combined
Joint Task Force-Horn of Africa (CJTF-HOA). L’infrastruttura è utilizzata per le
operazioni militari Usa in Corno d’Africa, nel Golfo di Aden e in Yemen ed è
stata concessa in leasing dal governo locale sino al 2015 con la possibilità di
proroga sino al 2020. Un’altra base operativa avanzata di AFRICOM è presente
nell’isola dell’Ascensione, possedimento britannico nell’Atlantico meridionale.
Tra le proprie facility logistiche e di supporto, il Comando di Stoccarda
annovera poi le stazioni aeronavali di Rota (Spagna) e Sigonella (Sicilia),
Aruba (Antille olandesi), Souda Bay (Grecia) e Ramstein (Germania).
Le forze armate statunitensi hanno inoltre libertà di accesso a un imprecisato
numero di basi aeree e porti in Africa e hanno stabilito una serie di facility
pronte ad essere occupate in caso di necessità e gestite normalmente dagli
eserciti locali. Denominate dal Dipartimento della difesa Cooperative Security
Locations (CSL), esse si trovano in Algeria, Botswana, Gabon, Ghana, Kenya,
Mali, Namibia, Sao Tomé e Principe, Sierra Leone, Tunisia, Uganda e Zambia.
Africom mantiene pure uffici di rappresentanza e collegamento nei quartier
generali dell’Unione Africana in Etiopia, di Ecowas in Nigeria, del Kofi Annan
International Peacekeeping Training Center in Ghana e dell’International Peace
Support Training Center in Kenya. Secondo un’articolata inchiesta pubblicata di
recente dal Washington Post, i militari Usa disporrebbero in Africa pure di
alcune basi aeree per il decollo di velivoli-spia con e senza pilota. Il centro
d’intelligence che coordina il sistema d’intelligence si troverebbe in Burkina
Faso: sotto la copertura di un programma segreto di sorveglianza denominato in
codice Creek Sand, una decina di militari e contractor statunitensi opererebbero
stabilmente all’interno della zona militare dell’aeroporto internazionale di
Ouagadougou. Gli aerei-spia decollerebbero pure dal Mali, dalla Mauritania,
dall’Etiopia, da Gbuti, dal Kenya, dall’Uganda e dall’arcipelago delle
Seychelles (Oceano Indiano). Un’altra base top secret dovrebbe essere attivata
prossimamente pure in Sud Sudan.
L’eccellenza bellica di U.S. Army Africa Vicenza è confermata dal profilo del
nuovo comandante nominato poco meno di un mese fa. Si tratta del generale
Patrick J. Donahue, in arrivo dal Training and Doctrine Command di
Langley-Eustis, Virginia. L’alto ufficiale ha diretto numerose unità di assalto
aviotrasportate e di fanteria meccanizzata; è stato membro dell’equipe che ha
pianificato le operazioni di guerra in Iraq e, dopo aver lasciato Baghdad nel
maggio 2003, ha assunto il comando della 1^ Brigata della 82^ divisione
aviotrasportata a Kandahar, Afghanistan, in supporto dell’Operazione Enduring
Freedom. Dopo un’ulteriore missione in Iraq nel 2004, nel biennio 2005-05 il
generale Donahue ha ricoperto l’incarico di Comandante della regione orientale
della forza multinazionale in Afghanistan, dirigendo sanguinose operazioni di
“contro-insorgenza” nell’area di Khost. Adesso per il militare è giunta l’ora
d’intervenire nel “caldo” continente africano.
Antonio Mazzeo, militante ecopacifista ed antimilitarista, impegnato in progetti di cooperazione allo sviluppo, ha pubblicato alcuni saggi sui temi della pace e della militarizzazione del territorio, sulla presenza mafiosa in Sicilia e sulle lotte internazionali a difesa dell’ambiente e dei diritti umani. È membro della Campagna per la smilitarizzazione della base di Sigonella. Nel 2010 ha ricevuto il Premio “Giorgio Bassani” di Italia Nostra per il giornalismo. Saggi e inchieste sono consultabili in http://antoniomazzeoblog.blogspot.com.