Afghanistan, occupazione duratura
11/10/2016
Il quindicesimo anniversario dell'11 settembre ha occupato per giorni le prime
pagine. Blackout mediatico, invece, sul quindicesimo anniversario della guerra
in Afghanistan, iniziata il 7 ottobre 2001 con l'operazione «Libertà duratura».
Motivazione ufficiale: la caccia a Osama bin Laden, organizzatore degli attacchi
dell'11 settembre, nascosto in una caverna afghana sotto protezione dei
talebani. In realtà, si saprà in seguito, il piano dell'operazione era già sul
tavolo del presidente Bush prima dell'11 settembre.
Quali fossero i suoi obiettivi strategici emergeva chiaramente dal rapporto
Quadrennial Defense Review, diffuso dal Pentagono il 30 settembre 2001, una
settimana prima dell'inizio della guerra in Afghanistan (qui).
Sul manifesto del 10 ottobre 2001 ne pubblicammo le parti essenziali,
che oggi possiamo rileggere alla luce degli avvenimenti successivi: «Gli Stati
uniti, che come potenza globale hanno importanti interessi geopolitici in tutto
il mondo, devono precludere ad altri il dominio di aree cruciali,
particolarmente l'Europa, l'Asia nordorientale, il litorale dell'Asia orientale,
il Medio Oriente e l'Asia sudoccidentale. L'Asia, in particolare, sta emergendo
come una regione suscettibile di competizione militare su larga scala. Esiste la
possibilità che emerga nella regione un rivale militare con una formidabile base
di risorse.
Le nostre forze armate devono mantenere la capacità di imporre la volontà degli
Stati uniti a qualsiasi avversario, inclusi stati ed entità non-statali, così da
cambiare il regime di uno stato avversario od occupare un territorio straniero
finché gli obiettivi strategici statunitensi non siano realizzati». È qui
scritto a chiare lettere quali sono le reali ragioni della guerra in
Afghanistan.
Nel periodo precedente l'11 settembre 2001, vi sono in Asia forti segnali di
riavvicinamento tra Cina e Russia, che si concretizzano quando, il 17 luglio
2001, viene firmato il «Trattato di buon vicinato e amichevole cooperazione»,
definito «pietra miliare» nelle relazioni tra i due paesi. Washington considera
il riavvicinamento tra Cina e Russia una sfida agli interessi statunitensi in
Asia, nel momento critico in cui gli Usa cercano di occupare il vuoto che la
digregazione dell'Urss ha lasciato in Asia centrale, area di primaria importanza
sia per la sua posizione geostrategica rispetto a Russia e Cina, sia per le
limitrofe riserve di petrolio e gas naturale del Caspio. Posizione chiave per il
controllo di quest'area è quella afghana.
Ciò spiega l'enorme spiegamento di forze Usa/Nato in Afghanistan, per una guerra
che – secondo una stima per difetto del Watson Institute (Brown University, Usa)
– ha finora provocato oltre 170 mila morti e 180 mila feriti gravi e una spesa
ufficiale, solo da parte Usa, di circa 830 miliardi di dollari (oltre 40 volte
il pil dell'Afghanistan) più altre enormi spese non registrate.
Comprese le operazioni militari in Iraq, Libia, Siria e altri paesi, la spesa
ufficiale Usa, limitatamente alle sole operazioni militari, ammonta nel
2001-2016 a circa 3700 miliardi di dollari e comporta impegni futuri
(soprattutto come assistenza ai veterani) che la portano a circa 4800 miliardi.
All'operazione Nato sotto comando Usa in Afghanistan, ridenominata «Sostegno
Risoluto», continua a partecipare l'Italia con un contingente schierato nelle
aree di Kabul ed Herat. Ufficiali italiani sono dislocati a Tampa (Florida)
presso il Comando Usa dell'intera operazione e in Bahrein quale personale di
collegamento con le forze Usa.
Nel quadro della stessa strategia, l'Italia è impegnata in 27 «missioni» in 19
paesi.
di Manlio Dinucci
fonte: il manifesto del 11.10.2016