Quest’importo è fra i più significativi, in quanto indica le armi effettivamente esportate, mentre il valore inerente i contratti può risentire di annullamenti di ordinativi e di spese spalmate su più anni. I nuovi contratti, autorizzati dall’Esecutivo, sono passati da 4,9 miliardi nel 2009 a 2,9 miliardi nel 2010, quindi con un calo del 40%.
Consegne – I Paesi beneficiari
Ecco l’elenco dei Paesi destinatari: al primo posto c’è la Germania con 330 milioni, seguono due Paesi belligeranti, Regno Unito con 249 milioni ed USA con 238, poi nell’ordine Francia con 228, India con 171; l’Arabia Saudita con 142, la Spagna con 116,la Malaysia con 105, la Libia dominata fino a pochi mesi fa da Gheddafi con 101; la Turchia con 89, il Qatar con 68, il Marocco con 59; i Paesi Bassi con 57, gli Emirati Arabi con 55, il Pakistan con 53, l’Australia con 50, la Romania con 49, l’’Egitto l’Oman e la Nigeria tutti e tre con 45 milioni, Cipro con 43, il Venezuela con 35, Singapore Polonia ed Austria con 34, il Kuwait con 26, la Norvegia con 23, l’Algeria con 19, il Giappone con 18, la Colombia con 17, il Messico con 14, il Brasile con 13, la Nuova Zelanda con 8, la Corea del Sud l’Indonesia e la Thailandia che sfiorano i tre milioni, Taiwan in perenne stato di tensione con Pechino con 1,5, l’Ecuador con 1,2 ed addirittura la Cina con 1,1. Con Importi inferiori al milione sono da evidenziare Somalia (750.000 euro), Iraq (464.000 euro), Israele (305.000 euro).
Ai Paesi Nato e dell’Unione Europea sono state consegnate armi per un valore di 979 milioni, pari al 34% ed ai Paesi non appartenenti a NATO e a UE per oltre 1,9 miliardi di euro, pari al 66%. Il privilegiare Paesi non appartenenti alle nostre tradizionali alleanze rappresenta un evidente fattore di criticità,ma anche le esportazioni a Paesi aderenti alla NATO, come evidenziato successivamente, non sono esenti da rischi.
Aziende esportatrici
Le principali imprese esportatrici sono quelle del gruppo Finmeccanica, l’holding che ha quale azionista di riferimento il Ministero dell’economia ed è fra le prime dieci società mondiali per fatturato militare.
La prima azienda è Alenia Aeronautica con 574 milioni, seguita da Agusta con 541 e Whitehead Alenia (siluri navali) con 267 milioni. Al quarto posto c’è Fincantieri (cantieri navali), un’altra azienda pubblica, con 201 milioni. Seguono poi altre due aziende Finmeccanica: MBDA Italia(missili) e Oto Melara (cannoni) entrambe con 188 milioni. Per completare l’elenco delle prime dieci aziende, seguono, nell’ordine Microtecnica con 136 milioni, Elettronica (sistemi elettronici) con 119 milioni, Selex SI (sistemi elettronici, di Finmeccanica) con 93 ed Avio con 84. Le prime sei aziende del comparto sono tutte appartenenti, in qualche modo, allo Stato.
Va segnalato un evidente conflitto di interessi fra lo Stato che da un lato dovrebbe controllare le esportazioni in coerenza con le norme della legge 185 del 1990 che disciplina il settore e dall’altro è interessato a non ostacolare le aziende di cui è azionista di riferimento e di cui, oltretutto, percepisce gli eventuali utili.
Autorizzazioni – I Paesi destinatari
Per i nuovi contratti autorizzati, passati da 4,9 miliardi nel 2009 a 2,9 miliardi, la flessione è da attribuire, secondo Palazzo Chigi, al progressivo esaurirsi di alcuni programmi governativi europei di cooperazione ed ad un minor numero di commesse conseguente alla crisi economica in atto.
Ecco l’elenco, in ordine di importanza dei principali beneficiari: Emirati Arabi Uniti al primo posto con 477 milioni, Arabia Saudita al secondo posto assoluto con 432 milioni, Algeria con 343 milioni, USA con 301, Regno Unito con 200, India con 147, Germania con 122, Singapore con 83,Australia con 80,Oman con 79, Turchia con 60, Grecia con 57, Francia con 51, Spagna con 50, Cipro con 43, Libia con 38, Kuwait con 33, Polonia con 30,Svizzera con 28, Bulgaria con 27, Portogallo con 24, Corea del sud con 22, Ecuador e Brasile con 19, Svezia e Zambia con 12, Pakistan Indonesia Marocco ed Egitto con 11, Paesi Bassi e Thailandia con 10, Turkmenistan con 9, Kenya con 8, Malaysia con 6, Repubblica Ceca e Taiwan con 5, Cile con 4, Nigeria con 3, Messico con 2,5, Norvegia con 2, Sud Africa con 1,8, Austria con 1,6, Giappone con 1,7, Lussemburgo con 1,4,Israele con 1,3 milioni, Irlanda con 1,2, Danimarca con 1 e Cina con 658.000 euro.
E’ da notare che ai primi posti della classifica vi è una prevalenza di Paesi non aderenti a NATO e ad Unione Europea. La suddivisione per aree geografiche, vede la prevalenza dell’Africa settentrionale e del medio oriente con oltre 1,4 miliardi (49%), seguita dall’America Settentrionale con 302 milioni (10%) e dai Paesi dell’estremo oriente, (in particolare grazie ad India e Singapore), con 297 milioni, con il 10% del totale. Con importi minori vi sono l’Oceania con 80 milioni (3%) America centromeridionale con 62 milioni (2%) con la prevalenza del Brasile e per ultima l’ Africa subsahariana con 25 milioni (soprattutto Zambia e Kenya). Ai Paesi aderenti alla NATO sono stati autorizzati contratti per quasi un miliardo di euro(1/3 del totale).
Un’analisi delle esportazioni: i criteri previsti dalla legge 185/90
La legge italiana dispone alcuni divieti nell’autorizzare l’esportazione di armi. In particolare l’art.1 della l. 185/90 stabilisce alcuni criteri che vietano i trasferimenti a Paesi coinvolti in conflitti, responsabili di accertate gravi violazioni di convenzioni internazionali che tutelino i diritti dell’uomo e nei confronti di Paesi, beneficiari di aiuti per la cooperazione allo sviluppo italiana , che destinino risorse eccessive alle spese militari.
Anche nel 2010 la citata legge 185, anziché essere applicata in maniera rigorosa, è stata interpretata,spesso a favore delle imprese produttrici, che come abbiamo visto sono in molti casi statali. La Relazione non fornisce notizia di alcuna sospensione o di revoca delle autorizzazioni già concesse, ipotesi che la legge 185 prevede nel caso in cui vengano a cessare le condizioni prescritte per il rilascio dell’autorizzazione stessa.
Esportazione armi leggere
Un altro aspetto rilevante delle esportazioni belliche è quello relativo alle armi leggere che sono largamente usate nelle “guerre dimenticate”, causando la maggior parte delle vittime delle guerre recenti. In particolare, secondo la Relazione, la Beretta, azienda leader del settore a livello mondiale, ha consegnato armi per 6 milioni di euro, in base a 42 contratti.
Su questo aspetto, l’Archivio Disarmo (autorevole centro studi di Roma) ha evidenziato, da anni, il rischio che una larga parte delle armi leggere esuli dalla legge 185, rientrando nella categoria delle armi ad uso civile e ,quindi, nella disciplina della legge 110 del 1975, meno rigorosa. Ad ogni modo la 185 stessa prevede una norma di cautela che consente, in situazioni particolari, di vietare temporaneamente le esportazioni delle armi cosiddette “civili” verso taluni Paesi, a scopo cautelativo. Nella Relazione non viene detto nulla al riguardo, pertanto sembra che tale norma, nel 2010, non sia stata applicata.
Programmi intergovernativi
Tali programmi riguardano una serie di coproduzioni internazionali, cui partecipano anche industrie italiane e rappresentano una parte assai cospicua in termini di valore economico ed in termini qualitativi.
Questa componente dell’industria militare ha ed avrà sempre maggior importanza, visto anche il crescente numero di programmi e di società italiane partecipanti. Tali programmi, una ventina, usufruiscono di una procedura agevolata. Paesi interessati sono tutti Paesi aderenti alla NATO, in particolare Francia, Germania, Regno Unito, Spagna USA, con l’aggiunta di Australia e Svezia.
I programmi sono i seguenti: velivolo Eurofighter, elicottero NH 90 e EH 101, siluro leggero MU 90, missili Hawk Viability, navi Orizzonte, sistema radar NAEW&C, sistemi missilistici di difesa aerea MEADS, sommergibile U 212, sistema di Comando e controllo MIDS, sistema missilistico FSAF, sistemi missilistici IRIS – T, sistema missilistico per le navi Orizzonte PAAMS, sistema di armamento aria-superficie Storm Shadow, Meteor, sistema di comando e controllo NATO-ACCS, sistema di sorveglianza e ricognizione aeroportato Sostar, fregate navali FREMM, sistema di munizionamento Vulcano,.software radio Essor e JSF o F 35 per la realizzazione dell’aereo più costoso di tutti i tempi.
Le esportazioni temporanee sono state pari a 767milioni di euro, con un consistente calo rispetto al valore del 2009 (924 milioni).
Riesportazioni
Sono da considerare anche le riesportazioni che hanno raggiunto il valore di 199 milioni, rispetto a 182 dell’anno precedente.
I Paesi più interessati sono stati: Nigeria con 27 milioni, Brasile con 26,Lituania con 25 Grecia con 16, Regno Unito con 14, Svezia con 13 milioni, Kuwait e Canada con 7, Arabia Saudita Pakistan Emirati Arabi e Germania con 6, Francia con 5, USA e Cipro con 4, India con 2, Israele e Libia con 1,2 e Cina con 378.000 euro.
Nulla osta per fornitura di servizi militari
I nulla osta concessi dal Ministero della Difesa per servizi militari (assistenza tecnica per l’impiego di materiali esportati in precedenza, corsi di addestramento per la manutenzione, verifiche tecniche) sono stati 95,il record assoluto. Nel 2009 erano stati 83. Si tratta, probabilmente, della parte della Relazione meno dettagliata, in quanto dai dati indicati è difficile capire il tipo di servizio fornito e le modalità di svolgimento. Tuttavia il ministero indica:
a) 51 autorizzazioni relative all’’assistenza tecnica per l’impiego e la manutenzione di materiali precedentemente esportati;
b) 31 autorizzazioni relative a corsi di addestramento per la manutenzione;
c) 13 autorizzazioni per assistenza tecnica unitamente a corsi di addestramento.
Dalla tabella inserita nella Relazione non è possibile capire di quale tipologia di servizi militari di tratti. Ad ogni modo complessivamente sono importi del valore di diverse decine di milioni di euro. In particolare, il principale beneficiario è la Libia per un totale di 23 milioni, seguono Kuwait con 20,Arabia Saudita con più di 11,5, Emirati Arabi con 11, Venezuela con 10,9, India con 8,2 Turchia 6, Pakistan 3, Nigeria 2, Marocco e Tunisia 1 e Cina con 260.000 euro.
Riconversione industria militare
Il Governo nella Relazione non ha affrontato la questione della riconversione produttiva dal settore militare al civile, uno degli aspetti più qualificanti della 185. Ancora una volta appare evidente una contraddizione. Infatti, da un lato l’Esecutivo, tramite il Ministero dell’Economia, è azionista di riferimento di Finmeccanica e ne percepisce rilevanti utili (nel 2010 la società ha registrato un rilevante attivo), mentre dall’altro lato dovrebbe esigere il puntuale rispetto della legge.
In coerenza con lo spirito della legge, ad esempio il Governo dovrebbe dare indicazione ai suoi rappresentanti nel Consiglio di amministrazione di Finmeccanica per procedere in questa direzione, quantomeno verso la diversificazione produttiva.
Del resto l’industria militare non è immune dalla crisi economica, anzi proprio i tagli al bilancio militare attuati, seppure in misura limitata in Italia e negli altri Paesi ( in particolare negli USA), evidenziano la difficoltà del settore Ad ogni modo invece di dare soldi dello Stato a fondo perduto per salvare l’occupazione mediante la concessione di ammortizzatori sociali (cassa integrazione ecc.), perché non procedere senza indugi, stanziando adeguati fondi alla riconversione o quanto meno alla diversificazione produttiva?
Relazione al Parlamento
Il Documento che il Governo, per legge, deve trasmettere ogni anno al Parlamento rappresenta uno strumento fondamentale per la conoscenza delle politiche adottate. Tuttavia, nel corso del tempo, i dati contenuti hanno perso di sostanza, sia in termini quantitativi, sia qualitativi, con effetti negativi sulla trasparenza. Ad esempio, da molti anni non è più possibile incrociare i dati fra armi vendute e Paese acquirente, al fine di “salvaguardare la riservatezza commerciale” delle aziende interessate.
La parte redatta dal Ministero dell’Economia Agenzia delle Dogane contiene soltanto tabelle senza alcuna descrizione o analisi. Da qualche anno, peraltro, la Relazione contiene l’elenco dei Paesi cui è vietata l’esportazione con i relativi embarghi e ciò costituisce un aspetto positivo.
La Relazione, comunque, appare un corposo documento che andrebbe accompagnato da una serie di dati e anche di analisi sui livelli occupazionali per consentire al Parlamento una maggiore comprensione del fenomeno e delle sue prospettive.
Va sottolineato, inoltre, che un tema così delicato, con profondi riflessi sulla politica estera di difesa ed industriale del Paese, meriterebbe un approfondito dibattito in Parlamento, per individuarne le scelte strategiche ed ascoltare anche il punto di vista degli istituti di ricerca e delle associazioni. Invece tutto tace nell’assordante silenzio dei principali mass media, che raramente danno notizia della relazione e dei dati in essa contenuti.
Nella realtà Finmeccanica e le altre industrie del settore hanno, di fatto, una sorta di delega in bianco. Alla luce del deficit di bilancio che ha indotto l Governo a tagliare pesantemente la spesa sociale, ed in misura limitata la spesa militare, sarebbe estremamente importante un’approfondita riflessione del Parlamento in merito ai programma di ammodernamento delle Forze Armate ed in particolare dell’aereo F 35, un progetto che impone un costo di almeno 15 miliardi di euro.
E’ da registrare, invece che la mozione dell’on. Pezzotta (UDC) ed altri, sulla sospensione di tale programma, che in un primo momento doveva essere discussa nel mese di marzo del 2011è stata cancellata dall’ordine del giorno. E’ quasi inutile dire che i principali mass media non ne hanno dato notizia. Ecco dimostrata la potenza della lobby delle armi.
Divieto di conferimento di incarichi
La Relazione non dice nulla in merito al divieto di assumere incarichi di vertice nell’ambito delle industrie produttrici di armi per i dipendenti pubblici nel corso del triennio successivo alla fuoriuscita dalla Pubblica Amministrazione.
La norma è stata introdotta per evitare il rischio di una pericolosa commistione di interessi che può avere riflessi sul bilancio pubblico e sulle politiche di difesa.
Tuttavia questa disposizione è stata, in passato, di fatto disattesa, visto che diversi ex generali ed ex ammiragli erano ai vertici delle società stesse.
Lineamenti programmatici
Direttiva europea
Fra i Lineamenti programmatici del Governo c’è la volontà “di curare la finalizzazione del processo di revisione della normativa nazionale per il recepimento delle direttive europee”. La legge Comunitaria 2011 , lo strumento adottato per il recepimento di numerose direttive comunitarie , approvata in prima lettura alla Camera, ha previsto una delega al Governo. Le associazioni riunite nel cartello Rete Italiana per il Disarmo (RID) hanno espresso grande preoccupazione per questo provvedimento che rischia di stravolgere la legge 185 stessa.
Vista l’importanza e la delicatezza della questione, appare utile un approfondimento La Rete denuncia il rischio che l’Italia,diminuisca i controlli sui trasferimenti di armi e che la trasparenza faccia un passo indietro.”La modifica della legge 185 del 1990, che è considerata un modello a livello internazionale per i divieti che contiene, per i controlli e le misure di trasparenza, non può avvenire senza un adeguato dibattito parlamentare e un confronto con la società civile” dice la Rete in una nota.
“Inoltre – spiegano – i sei commi dell’articolo 16 che contengono la delega non definiscono in modo definito e rigoroso i principî e criteri direttivi che dovrebbero improntare la redazione del decreto legislativo conseguente, lasciando mano libera all’esecutivo di modificare,senza troppi paletti, la legge 185/90 sul commercio di armi.
Il governo, infatti,per la prima volta, su una materia così delicata che riguarda la politica estera e di sicurezza del Paese, ha deciso di fare approvare al Parlamento una legge delega. Sarà poi l’esecutivo a scrivere le norme sul commercio di armi, sulla base delle poche indicazioni contenute nella proposta di legge ‘comunitaria’ attraverso un decreto legislativo. Senza alcuna trasparenza e senza nessun confronto in Parlamento”.
“Siamo contrari a questa proposta – afferma la Rete – che consegna una delega in bianco al governo. Il fatto che le norme sui controlli delle esportazioni di armi siano approvate senza un vero confronto nelle competenti sedi istituzionali è un rischio per la democrazia e la sicurezza.
La Rete chiede di stralciare l’articolo del provvedimento “che diminuirebbe controlli e la trasparenza sui trasferimenti di armi, con il rischio di esportare armi italiane in teatri di guerra e che siano utilizzate per commettere gravi violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale”. (Luciano Bertozzi)