fonte: Wikipedia,
List of ongoing armed conflicts
e fonti integrative. Sulla creazione dell'ISIS vedi
qui,
qui
e
qui.
Come si
evince dalla tabella, c'è stata una spaventosa impennata
di “guerre per la democrazia” e di “guerre contro il
terrorismo” dopo l'implosione dell'ex Unione Sovietica
nel 1990. Infatti, a partire da quel momento, gli USA e
i loro alleati, sotto l'egida della nuova NATO
offensiva, hanno potuto usare le loro armi,
incontrastati nel mondo. E ne hanno approfittato, altro
che!
Ovviamente la “democrazia” e il “terrorismo” c'entrano
poco con queste guerre; esse vengono condotte, nella
realtà dei fatti, per ben altri motivi. Segnatamente,
vengono condotte per rovesciare regimi non graditi da
Washington o da
Bruxelles e per sostituirli con regimi filo NATO
e filo Fondo Monetario Internazionale. E se i nuovi
regimi si dimostrano più sanguinari ed autoritari di
quelli vecchi? In questo caso, la NATO fa finta di
niente.
Conclusione
La
vertiginosa crescita delle migrazioni nel mondo viene
causata in primo luogo – non dalla povertà o dalle
carestie – ma dall'impennata, a partire dal 1990, delle
guerre da noi intraprese nel mondo. I migranti sono i
“danni collaterali” delle operazioni militari che noi
lanciamo per impadronirci delle materie prime e delle
altre ricchezze che si trovano nei loro paesi.
Ecco
perché il più comune grido razzista – “Via i migranti,
vogliono solo
arraffarsi le nostre ricchezze!” – è così
ipocrita: infatti, i veri
saccheggiatori
siamo noi. Su scala planetaria.
Ma rifiutiamo ostinatamente di vederlo.
Siamo,
ahimè, un po' come il marito ossessivo che accusa
continuamente la moglie di presunti tradimenti e che,
poi, si scopre di avere lui un sfilza di relazioni
extraconiugali. Egli teme nella moglie un impulso
libidico incontrollato che sa benissimo di esistere –
nella realtà dei fatti – perché ce l'ha lui
dentro; e per non guardare in faccia questa triste
verità, proietta
quell’impulso su di lei. Così il razzista che
denuncia l'avidità dei migranti.
Ma
lasciamo stare le diatribe razziste. Pensiamo piuttosto
a cosa possiamo fare per ridurre la prima causa delle
ondate di migrazioni – quella push (che spinge un
soggetto ad andar via dal proprio paese, suo malgrado).
La
risposta è ormai chiara: ridurre il numero di guerre a
cui l'Italia partecipa e, nel contempo, spingere il
Ministro degli Affari Esteri Gentiloni a recuperare il
ruolo prestigioso che l'Italia svolgeva nel
Rinascimento, quando i diplomatici italiani insegnavano
a tutta l'Europa l'arte di risolvere pacificamente i
conflitti più intricati.
Ma perché
questa soluzione produca davvero risultati positivi, è
essenziale che l'Italia assuma un ruolo attivo e
propositivo nel mondo. Non è sufficiente, infatti, che
l'Italia smetta di partecipare alle guerre, perché
diminuiscano gli sbarchi sulle sue spiagge. L'Italia
deve, nel contempo, contribuire a fermare le guerre
tout court, anche a costo di dover tener testa ad
alleati bellicosi. Bisogna dunque ripristinare la
diplomazia internazionale come vocazione qualificante
del Bel Paese, facendo leva sullo status morale che
l'Italia acquisirà dalla pratica di una ferrea politica
di neutralità. E' ciò che fecero, con successo, molti
Paesi Non Allineati durante l'epoca d'oro di quel
movimento.
Sul piano
pratico, dal momento che la NATO ci coinvolge in sempre
più guerre all'estero, la soluzione più
immediata
sarebbe quella di fare campagna per l'uscita dell'Italia
dal patto atlantico e per il pronunciamento formale di
uno status di neutralità internazionale. Rivendicazioni
vecchiotte? Pura utopia? Non è detto. Pochi lo sanno (i
giornali si ostinano a non parlarne), ma tre Senatori
della Repubblica, del Gruppo Misto, hanno depositato un
Disegno di Legge che chiede proprio quello:
si può firmare la petizione a sostegno della loro DL
qui.
Male che
vada, come ripiego, si potrebbe fare campagna per
rimanere nella NATO ma a titolo di partner, non membro.
Come semplice partner – la qualifica che hanno
rivendicato ed ottenuto l'Austria, la Svezia e l'Irlanda
– l'Italia parteciperebbe agli esercizi NATO di difesa
del continente europeo ma, come i predetti paesi, non
sarebbe costretta a partecipare alle guerre offensive
all'estero – peraltro in flagrante violazione dell'art.
11 della Costituzione italiana.
Come
ultima possibilità, per chi trova che anche un cambio di
status all'interno della NATO sia utopistico, si
potrebbe pur sempre fare campagna per uscire dalle varie
compagini ad hoc, create per fomentare e foraggiare le
guerre, di cui l'Italia fa tuttora parte.
Per
esempio, si potrebbe chiedere al Ministro Gentiloni:
-
di
togliere l'Italia dal Gruppo di Londra (gli ex
“Amici della Siria”), la compagine che fornisce le
armi ai mercenari jihadisti da noi foraggiati per
rovesciare il governo Assad (in palese violazione
della carta dell'ONU).;
-
di
uscire dalla missione Resolute Support in
Afghanistan (dove altri 17 civili sono morti l'altro
ieri sotto le bombe delle forze occidentali di
occupazione), rimpatriando ora tutte le
truppe italiane. Siccome si tratta – su carta se non
nella realtà dei fatti – di una missione di
addestramento delle truppe afghane, l'Italia non è
vincolato dall'art. 5 dello Statuto NATO e perciò
non ha nessun obbligo di parteciparvi;
-
di
uscire dal Gruppo UE che fornisce gli aiuti militari
al governo di Kiev per condurre la sua guerra nel
Donbass. Chiediamocelo: se i secessionisti veneti
dovessero prendere con le armi piazza San Marco,
sarebbe concepibile che un governo italiano
ordinasse il bombardamento a tappeto di Venezia “per
stanare i terroristi”? Eppure è quello che fa il
Presidente ucraino Poroshenko (le parole
virgolettate sono sue). Ora basta, egli deve
smettere di bombardare il proprio popolo! Non si
tratta di cedere nulla a Putin. Dal momento che
esistono altri modi per risolvere – con successo – i
tentativi di secessione, come la storia insegna,
bisogna utilizzare quei mezzi, non le bombe. Il
Ministro Gentiloni dovrebbe, dunque, non solo
interrompere il flusso di aiuti militari italiani a
Kiev ma anche minacciare di escludere l'Ucraina
dall'UE, ponendo un veto, se il Governo non cercherà
di risolvere il conflitto senza i canoni.
Soprattutto, per quanto riguarda la questione specifica
dei flussi migratori, si potrebbe chiedere al Ministro
Gentiloni
-
di
uscire dall'EUNAVFOR Med, la missione anti-scafisti
approvata il 18 maggio scorso dai Ministri degli
Esteri e della Difesa dell’Unione Europea. Questa
missione propone, come “ultima ratio” (ma si sa già
come andrà a finire), una vera e propria “guerra
agli scafisti” libici per “salvare i migranti dalle
loro grinfie” e ridurre i flussi in transito. Si
tratta di una balla colossale.
La
“guerra agli scafisti”, infatti, è un chiaro pretesto
per ricominciare con i bombardamenti che hanno devastato
la Libia nel 2011. Qualcuno crede ancora che la NATO si
sia mossa allora per difendere i dimostranti libici in
piazza, minacciati da Gheddafi? Figuriamoci. La NATO si
è mossa, come in tutte le guerre, per assicurare ai suoi
referenti (ENI per l'Italia, tanto per fare un nome) il
dominio economico-territoriale del paese bersagliato.
Solo che,
in Libia, non l'ha ottenuto completamente; ci sono
troppe milizie di ribelli che, dopo l'assassinio di
Gheddafi, non si sono lasciati arruolare dai leader
libici sponsorizzati dall'Europa. Perciò ora bisogna
completare il lavoro di colonizzazione, annientando
tutte le milizie che non ubbidiscono all'auto-proclamato
governo filo-UE. Si tratta di un governo che molti paesi
europei hanno già riconosciuto, disconoscendo nel
contempo il governo meno manovrabile, ma
regolarmente eletto, insediatosi a Tripoli. (Ma
non avevamo bombardato la Libia per portarci la
democrazia e far rispettare lo stato di diritto?)
L'Italia, poi, sempre per mantenere le equidistanze,
riconosce entrambi i governi.
Quindi
come nel 2011, con un pretesto umanitario, EUNAVFOR Med
– assistita dalla NATO – si propone di impadronirsi
della Libia. Ma questa volta, si propone di farlo per
davvero, eliminando ogni opposizione e, nel fare ciò,
distruggendo quel poco di infrastrutture che il paese si
è potuto ricostruire finora. Ciò creerà immancabilmente
nuove ondate di migranti che fuggono dalle devastazioni,
ma non importa, fermare le migrazioni non è e non sarà
il vero scopo della missione. Ecco perché bisogna dire
no a questo progetto criminale, strappare l'intesa
EUNAVFOR Med, e rifiutare l'utilizzo delle basi italiane
per qualsiasi azione militare in Libia.
Tutto
questo per dire che esiste una soluzione al “problema”
delle migrazioni di massa. Anzi, esistono almeno due
soluzioni. La seconda sarà oggetto di un prossimo
editoriale: come eliminare la causa pull delle
migrazioni, ossia l'attrattiva.
Per
quanto riguarda la prima soluzione, ossia come eliminare
la principale causa push che
“spinge” a migrare, la si può riassumere in due parole
soltanto:
Basta
guerre!