di Antonio Mazzeo
Cosa fanno le forze armate italiane in Niger?
Addestrano le unità locali alla guerra globale e
alla repressione delle proteste economiche e
sociali. E, di tanto in tanto, distribuiscono aiuti
umanitari pagati con i soldi della cooperazione allo
sviluppo, sotto la supervisione delle autorità
politiche e militari nigerine.
Più di un anno fa, il 15 settembre 2018, prendeva il
via l’operazione MISIN (Missione Bilaterale di
supporto nella Repubblica del Niger), che - come
riferito dal Ministero della difesa - è “finalizzata
a supportare l’apparato militare nigerino,
concorrere alle attività di sorveglianza delle
frontiere e rafforzare le capacità di controllo del
territorio dei Paesi del G5 Sahel (Niger, Mali,
Mauritania, Chad e Burkina Faso)”. Alla missione
concorrono 470 militari, 130 mezzi terrestri e due
aerei; MISIN opera in stretto collegamento operativo
e strategico con le unità da guerra degli Stati
Uniti d’America dislocate in Niger e poste sotto il
controllo di US Africom, il comando per le
operazioni USA nel continente africano. A guidare i
reparti schierati in Niger è stato chiamato da
qualche mese il generale Claudio Dei, con un ampio
curriculum operativo in ambito NATO ed Ue, già in
forza al Comando Militare Esercito della Sicilia.
I team addestrativi MISIN, costituiti con personale
specializzato proveniente dall’Arma dei Carabinieri,
dall’Esercito, dall’Aeronautica militare e dalle
Forze Speciali Interforze, ha già addestrato sul
campo circa 1.800 militari delle forze armate e di
sicurezza nigerine. Per comprendere appieno le
controverse finalità strategiche delle attività
addestrative e formative condotte dai militari
italiani è opportuno soffermarsi su alcune delle
esercitazioni bilaterali più recenti. A metà
settembre, ad esempio, presso l’area dell’Armèe de
Terre della Repubblica del Niger, sono state svolte lezioni
teorico-pratiche della durata di due settimane
in “tecniche di combattimento a favore del
battaglione paracadutisti nigerino”. Nello
specifico, il Mobile Training Team dell’Esercito
Italiano con personale provenente dal 186°
Reggimento paracadutisti “Folgore” di Siena ha
addestrato i parà nigerini a condurre specifiche
azioni tattiche di attacco e difesa in ambiente
boschivo non permissivo. “Gli obiettivi
formativi raggiunti hanno compreso le tecniche di
movimento e di occultamento, nonché quelle del colpo
di mano e dell’imboscata e l’analisi dei
compiti assegnati all’unità operativa e le fasi di
pianificazione, organizzazione e condotta, svolte
dai comandanti ai vari livelli”, spiega in una nota
il Ministero della difesa italiano. “Sono stati
approfonditi durante il corso anche gli aspetti
relativi alla gestione dello sgombero di feriti, al first
aid, alle problematiche relative agli ordigni
esplosivi improvvisati”. L’attività formativa
rientrava in un corso molto più ampio, della
durata di nove settimane, in cui le Forze Speciali
tricolori hanno anche spiegato ai militari nigerini
come “operare in ambiente urbano ed in particolare
nella bonifica di ambienti ristretti, tipici dei
complessi abitativi” e come “maneggiare
correttamente ed utilizzare le armi individuali in
dotazione”. Parliamo dunque di vere e proprie
tecniche di azione e combattimento in aree
urbanizzate, con tanto di simulazioni di attacco e
occupazione di edifici civili.
Il 25 aprile 2019, festa nazionale della liberazione
dal fascismo, diciassette paracadutisti italiani
della Brigata “Folgore” si sono addestrati presso il
Centro d’istruzione militare di Niamey al lancio con
il paracadute ad apertura automatica sia in caduta
libera, insieme a cinquantacinque omologhi del
Niger. “L’occasione è stato il completamento
dell’iter formativo condotto dal Mobile Training
Team della Missione Bilaterale di Supporto in
Niger – MISIN”, spiegava lo Stato
Maggiore della Difesa. “La missione MISIN ha anche
supportato la controparte locale nelle attività di
definizione e validazione della zona di lancio,
nonché nel garantire assistenza per la
pianificazione e l’organizzazione dell’attività
addestrativa. Ciò è stato reso possibile anche
grazie al contributo dell’Aeronautica Militare, che
ha messo a disposizione un velivolo da trasporto
C130 e della Brigata Paracadutisti che ha fornito
l’assistenza tecnica all’aviolancio, i paracadute e
tutto il materiale necessario all’esercitazione”.
Rilevante pure il contributo formativo dei Mobile
Training Team dell’Arma
dei Carabinieri. Sempre come riportato dall’ufficio
stampa della Difesa, il
20 agosto 2019, nei centri della Gendarmeria
e della Guardia Nazionale del Niger si sono svolte
le cerimonie di chiusura del 3° corso di ordine
pubblico e del 4° corso di tecniche
investigative di base. “L’addestramento rivolto
a ufficiali e sottufficiali nigerini aveva
principalmente l’obiettivo di far conoscere e
comprendere i problemi di ordine pubblico e le
relative azioni tecnico-tattiche utilizzate per
pianificare, organizzare e condurre efficacemente
l’intervento antisommossa”. Addestramento dunque al
contrasto e repressione delle proteste e delle lotte
sociali e quasi sempre in ambiente urbano,
esattamente come viene fatto dalle forze armate
italiane in Kosovo, Libano, Somalia e Iraq
nell’ambito delle cosiddette missioni
internazionali di pace che dilapidano
annualmente più di un miliardo e cento milioni di
euro, ma che, di contro, consentono ai reparti
d’élite di sperimentarsi nelle operazioni di
controllo militare dell’ordine pubblico.
Con il bastone anche la carota: così, congiuntamente
all’addestramento bellico, le forze armate italiane
sono impegnate nel povero paese dell’Africa
occidentale in alcuni progetti sanitari e di aiuto
alla popolazione dai contorni ambigui e
contraddittori. “Con la Missione in Niger sono stati
raggiunti considerevoli risultati nel campo della
Sanità civile e militare attraverso la donazione di
oltre 70 tonnellate tra farmaci e presidi medici”,
ha segnalato meno di un mese fa lo Stato maggiore
della Difesa. A ciò si aggiungono la consegna al
governo nigerino di attrezzature mediche e sanitarie
per il valore di 167 mila euro e la decina di voli
umanitari effettuati dall’Italia a partire del
24 aprile 2018 per trasportare medicinali e
apparecchiature “resi disponibili grazie alla
collaborazione tra il Ministero degli Affari Esteri
e della Cooperazione Internazionale, le Nazioni
Unite ed altre agenzie intergovernative”. Il 27
marzo 2019 l’Ambasciata
d’Italia a Niamey e la Missione Bilaterale in Niger
– MISIN si sono incaricate della consegna di un
lotto di farmaci raccolti e messi a disposizione
dalla Fondazione Banco Farmaceutico Onlus
nell’ambito di un accordo di collaborazione con
il Comando Operativo di vertice Interforze (COI) e
l’Ordinariato Militare, “finalizzato allo sviluppo
di attività di supporto umanitario-sanitario a
favore di persone in condizioni di svantaggio
socio-economico nei Teatri Operativi”. Chi siano i
reali beneficiari del dono lo rivelano le
stesse forze armate: “i medicinali sono stati
consegnati presso l’aeroporto militare di Niamey ai
rappresentanti dei Ministeri della Salute Pubblica e
della Difesa nigerini…”.
Il 26 aprile 2019, cioè il giorno successivo
all’esercitazione dei parà italiani e nigerini a
Niamey, il ministero degli Affari esteri e della
cooperazione emetteva un eloquente comunicato: “A
seguito dei recenti scontri in Niger nell’area di
Diffa e alla luce delle richiesta di assistenza a
favore della popolazione sfollata da parte delle
Autorità nigerine, la Vice Ministra agli Affari
Esteri e Cooperazione Internazionale, Emanuela Del
Re, ha predisposto, in collaborazione con
l’Aeronautica Militare, un volo umanitario per
Niamey per l’invio di beni di primo soccorso e
assistenza umanitaria (tende, potabilizzatori
d’acqua, generatori di elettricità, presidi
igienico-sanitari) in deposito presso la Base di
Pronto Intervento Umanitario delle Nazioni Unite di
Brindisi”.
L’intervento veniva replicato il 3 giugno 2019,
giorno successivo alla festa della Repubblica
italiana: stavolta con fondi della cooperazione
italiana, venivano inviati in Niger con un nuovo volo
umanitario dell’Aeronautica cinque tonnellate
di kit sanitari. “Il provvedimento è stato
predisposto dalla Vice Ministra Emanuela Del Re, in
risposta ad una richiesta delle Autorità nigerine
per far fronte alla perdurante emergenza sanitaria
nel paese, che si è ulteriormente aggravata a causa
dei recenti episodi di violenza”. Il tono insomma è
lo stesso della missione del 26 aprile, così come è
confermata la provenienza dei farmaci dai depositi
della Base di Pronto Intervento di Brindisi. E, per
l’ennesima volta, la gestione degli aiuti italiani e
ONU è affidata alle forze armate nigerine, al di
fuori di ogni controllo da parte della Missione
MISIN.
Ancora più grave quanto avvenuto invece lo scorso 17
settembre, quando il contingente militare in Niger
ha “portato a termine” una donazione di aiuti
umanitari provenienti da comuni, parrocchie,
associazioni di volontariato e scuole della
provincia di Salerno. “Si tratta di circa 400 colli
di materiale: abbigliamento, giocattoli, cancelleria
e materiale sportivo nonché alimenti a lunga
conservazione”, riportano le cronache. “Il progetto
- sorto sulla base di precedenti esperienze
intraprese in operazioni fuori area condotte in
Kosovo, Libano e Afghanistan - ha coinvolto anche
gli alunni della scuola elementare di San Pietro al
Tanagro che, grazie a un progetto formativo
incentrato sulle condizioni di povertà in Africa e
sul multiculturalismo, ha avviato un gemellaggio
con due scuole materne di Niamey. Inoltre,
l’associazione sportiva calcistica dello stesso
comune, impegnata nel settore giovanile Under 14, ha
raccolto materiale sportivo con il quale ha
suggellato il gemellaggio con la squadra dei piccoli
calciatori nigerini di Camp Bagaji”. Chi sono stati
in quest’occasione i destinatari dei pacchi dono?
“Principalmente Enti di Protezione Sociale militari
che si occupano dell’assistenza agli orfani e alle
vedove Caduti in servizio delle Forze Armate del
Niger e della Guardia Nazionale”, aggiunge l’ufficio
stampa MISIN.
Uno degli obiettivi dichiarati della cooperazione
umanitaria in salsa militare in Niger non poteva
non essere il sostegno alle attività
anti-migrazioni irregolari. Lo scorso 16
ottobre, ad esempio, il governo italiano ha donato
al governo nigerino dieci ambulanze e tre autobotti
“per rafforzare le capacità delle autorità nel
soccorso dei migranti e nel contrasto al traffico di
esseri umani”, si legge nella nota ufficiale della
Farnesina. “La donazione, resa possibile dalle
risorse del Fondo Africa, è stata eseguita dal
Ministero della Difesa italiano, a cui appartenevano
i veicoli. La cerimonia di consegna si è volta a
Niamey alla presenza dell’Ambasciatore d’Italia
Marco Prencipe. I nuovi veicoli consentiranno alle
autorità nigerine di ampliare il raggio d’azione
delle proprie attività, a beneficio sia delle
comunità locali che dei migranti in transito nel
Paese”.
Mentre crolla la spesa della cooperazione allo
sviluppo verso il continente africano (nel 2018
l’Italia ha destinato risorse all’Africa inferiori
del 21% rispetto a quelle dell’anno precedente),
l’intervento governativo viene indirizzato sempre di
più solo verso quei paesi che vengono ritenuti partner
fondamentali nella lotta alle migrazioni. “La
politica del governo italiano verso l’Africa, nelle
aree strategiche evidenziate dall’esecutivo, è
concentrata alla riduzione delle partenze,
principalmente attraverso l’aiuto militare al
controllo del territorio e in chiave anti
terrorismo”, scrive il giornalista Angelo Ferrari
dell’AGI – Agenzia Italia. “Aiuto militare
che spesso si concentra su paesi governati da regimi
autoritari, non democratici e non in condizione di
poter soddisfare i bisogni di base delle loro
popolazioni”. In quest’ottica va interpretato lo
stanziamento di 50 milioni di euro a favore del
Niger, autorizzato nel maggio 2018 dal Ministero
degli Affari esteri e della Cooperazione. “In questo
modo il governo nigerino potrà istituire unità
speciali di controllo delle frontiere, costruire e
ristrutturare posti di frontiera e realizzare un
nuovo centro di accoglienza per i migranti”, ha
spiegato la Farnesina. L’aiuto anti-migranti è stato
diviso in tranche e condizionato alla “diminuzione
dei flussi migratori verso la Libia e un aumento
rimpatri dal Niger verso i Paesi di origine”.
A spiegare che proprio la guerra ai migranti e alle
migrazioni sia uno degli obiettivi prioritari della
Missione militare italiana in Niger è stata proprio
l’allora ministra della Difesa, Elisabetta
Trenta. “Lo scopo di MISIN è quello di incrementare
le capacità volte al contrasto del fenomeno dei
traffici illegali e delle minacce alla sicurezza,
nell’ambito di uno sforzo congiunto europeo e
statunitense per la stabilizzazione dell’area e il
rafforzamento delle capacità di controllo del
territorio da parte delle autorità nigerine e dei
Paesi del G5 Sahel”, ha dichiarato la pentastellata
in occasione della sua visita ufficiale a Niamey.
“Quella in Niger è una missione importantissima per
l’Italia poiché, nel sostenere le richieste del
Governo nigerino, punta anche a frenare e ridurre il
flusso incontrollato dei migranti verso il nostro
Paese. Una missione perfettamente in linea con
l’interesse nazionale perché in questa fase è
fondamentale il supporto al Niger nella lotta al
terrorismo e ai traffici illeciti, incluso quello di
esseri umani”. Anti-terrorismo, migrazioni ed
idrocarburi: gli interessi strategici del sistema
Italia sono davvero un cocktail dal sapore esotico
ed esplosivo.
12 |