No Radar 3, GdF Almaviva 0. È festa tra i comitati che
si oppongono all’installazione dei radar anti-migranti
in alcune delle aree naturali più incantevoli della
Sardegna. Il Tribunale Amministrativo Regionale di
Cagliari ha accolto le richieste di Italia Nostra e del
Comune di Tresnuraghes, ordinando la sospensione dei
lavori nei tre siti prescelti dal Comando generale della
Guardia di finanza per i sensori che dovrebbero impedire
gli irrealistici sbarchi d’immigrati nelle coste sarde.
Il secondo round è previsto per il 25 gennaio 2012,
quando il Tar si pronuncerà sul merito dei ricorsi.
“Per
adesso i siti costieri di Flumenimaggiore, Sant’Antioco
e Tresnuraghes sono salvi”, commenta il segretario
regionale di Italia Nostra, Graziano Bullegas.
“L’orientamento manifestato dai giudici amministrativi
ci fa sperare in una decisione sul merito favorevole, in
modo da chiudere definitivamente la partita con il
dissennato progetto della rete anti-migranti della
Guardia di finanza e della società chiamata a curarne
l’allestimento, Almaviva S.p.a. di Roma”.
Per
Leandro Janni, consigliere nazionale dell’associazione,
la triplice decisione del Tar cagliaritano rappresenta
una “nuova, importante e autorevole affermazione dei
valori dell’ambientalismo”. “Nelle ordinanze – spiega
Janni - sono stati presi in considerazione il principio
di precauzione, ma anche i diritti alla salute, alla
salubrità dell’ambiente e ad un paesaggio non
devastato. Principi e diritti collegati fra loro, con un
nucleo centrale comune, espressione di un sentimento del
vivere e di un’idea sana della vita. Un’esemplificazione
sul campo dell’irrinunciabilità ad ulteriori indicatori
di benessere, individuando il bene comune
come il fondamento stesso della democrazia e della
libertà”.
Nelle ordinanze di sospensione dei provvedimenti che
hanno autorizzato la Guardia di finanza ad installare i
radar di produzione israeliana, il Tar sottolinea come
“l’interesse nazionale perseguito con la realizzazione
dell’opera cede di fronte al superiore interesse
pubblico costituito dalla tutela della salute,
pacificamente intesa come diritto soggettivo della
persona e come interesse della collettività ad un
ambiente salubre”. “Il legame di questo diritto con la
tutela della salute attribuisce ad essa il valore
dell’assolutezza”, aggiunge il Tar. “Ciò significa che
va protetto contro ogni iniziativa ostile da chiunque
essa provenga e con la conseguenza che esso ha anche una
valenza incondizionata”.
Per i giudici amministrativi, la tutela della salute va
ampliata fino a comprendere le ipotesi in cui i rilievi
scientifici non raggiungano una “chiara prova di
nocività a lungo termine”, per cui “occorre applicare il
principio di minimizzazione, corollario del principio di
precauzione di derivazione comunitaria”. Il principio
della salubrità dell’ambiente deve essere inteso inoltre
non solo come assenza di danno ma “anche e soprattutto
come assenza di alterazione irreversibile o comunque
permanente di fattori ambientali, la cui cura è affidata
alla pubblica amministrazione in modo prioritario
rispetto ad altri interessi”. Un’affermazione
inequivocabile che nella gerarchia dei valori, la difesa
dell’ambiente e della salute umana è incomparabile.
Nelle ordinanze di sospensione dei lavori, vengono pure
rilevate incongruenze nelle valutazioni sulla
sostenibilità ambientale della nuova rete radar della
Guardia di finanza. “Il parere dell’ARPAS, l’Agenzia
regionale per la protezione dell’ambiente, non sembra
reso sulla base di una approfondita istruttoria, ma, per
stessa ammissione dell’Amministrazione procedente, in
modo frettoloso per non perdere i finanziamenti per
questa opera di interesse nazionale”. Inoltre,
appaiono “erronee o comunque approssimative” le
valutazioni negative effettuate dal Servizio
sostenibilità e valutazione impatti (Savi)
dell’Assessorato regionale alla Tutela dell’Ambiente.
“Tale giudizio – afferma il Tar - appare reso in difetto
di appropriata considerazione delle caratteristiche dei
siti ove gli impianti dovrebbero sorgere”. Per i radar
anti-migranti, infatti, si è deciso incomprensibilmente
di utilizzare aree protette d’incomparabile pregio
naturalistico e paesaggistico.
Nello specifico, il Collegio rileva che nel caso di
Sant’Antioco, l’area prevista per l’installazione ricade
nell’ambito n. 6 “Carbonia ed Isole Minori” del Piano
paesaggistico regionale e nella Zona di protezione
speciale (Zps) perimetrata ai sensi della Direttiva
79/409/CEE. Per Fluminimaggiore, invece, l’area ricade
nell’ambito n. 8 “Arburese” del Ppr e in Zona SIC (sito
d’interesse comunitario), perimetrata ai sensi della
Direttiva 92/43/CEE. Nonostante le tutele delle leggi,
le autorità competenti hanno rilanciato autorizzazioni
per lavori notevolmente impattanti. Nei siti si prevede
l’estirpazione di macchia mediterranea in superfici
estese tra i 200 e i 300 mq; il posizionamento di
shelter di dimensioni 6x2,5x2,7; la realizzazione di
basamenti di cemento armato (al 95% interrati e
sporgenti dal terreno per 10–15 cm) e di reti metalliche
elettrosaldate alte 2 metri; il trasporto e
l’installazione di torri d’acciaio con porta antenna,
alte tra i 10 e i 12 metri.
Come denunciato da Italia Nostra e dai comitati No
Radar sorti nell’isola, prima dei pronunciamenti del
Tar, sono stati effettuati alcuni interventi nelle aree
sottoposte a tutela ambientale. “Lo scorso 24 marzo, ad
esempio, in località “Capo Sperone - Su Semafuru” a
Sant’Antioco, alcuni lavoratori hanno avviato il
decespugliamento nella sommità del colle, in un’area
diversa da quella indicata in progetto e per la quale
era stato rilasciato parere positivo dalla
Soprintendenza delle Province di Cagliari e Oristano”,
afferma Graziano Bullegas. “Sul luogo non è stato però
rinvenuto alcun cartello di cantiere indicante l’oggetto
dei lavori, la data d’inizio degli stessi, il
committente, la ditta esecutrice e quant’altro che per
legge dia conto della natura e regolarità delle attività
svolte”. E la non corrispondenza tra il cantiere
contrassegnato per i lavori e l’area autorizzata per
l’ubicazione del radar si è ripetuta pure nel caso di
Tinnias, Tresnuraghes.
“Il 13 maggio sono iniziati i lavori pure a Punta
Vedetta, in località Argentiera, nel comune di Sassari”,
aggiunge il segretario regionale di Italia Nostra. “In
questo caso i lavoratori della ditta preposta sono
arrivati con una macchina operatrice con l’intenzione di
spianare l’area, ma i lavori non hanno avuto corso
perché numerosi cittadini e successivamente gli
amministratori comunali, hanno chiesto di capire cosa si
stava cercando di realizzare e i lavoratori hanno quindi
desistito”. Almaviva S.p.a. ha poi sospeso ogni
intervento. Gli ambientalisti fanno pure notare che
Punta Vedetta è stata individuata come “area a forte
rischio di frane” dal Piano per l’assetto idrogeologico
della Sardegna, così come dalla relazione ambientale
allegata al Piano urbanistico del comune di Sassari.
Molto più devastanti i lavori avviati a fine marzo in
località Capo Pecora – Fluminimaggiore, subito bloccati
dal presidio spontaneo di donne e giovani locali. Le
ruspe hanno sbancato il cucuzzolo di Murru Biancu, la
collina che domina il litorale vicino alla provinciale,
sfregiando il territorio con una nuova arteria stradale
di oltre 200 metri di lunghezza e 4-6 metri di
larghezza. “Le prime piogge autunnali hanno trasformato
i tornanti in un pericoloso letto di fango mentre sono
visibili gli scavi da cui sono stati asportati
illegalmente decine e decine di metri cubi di terra e
inerti”, denunciano i No Radar. “Questi
interventi non risultano essere mai stati autorizzati
dall’amministrazione comunale e comunque sono
sicuramente in contrasto con l’autorizzazione rilasciata
dal SAVI il 31 gennaio 2011”.
Stando ad una prima ricerca catastale, i terreni su cui
dovrebbe sorgere il radar di Fluminimaggiore sarebbero
stati dati in comodato d’uso alla Guardia di finanza
dalla Forma Urbis S.p.a. di Padova. La società è
proprietaria nella zona tra Arbus e Fluminimaggiore di
circa 540 ettari, rilevati anni fa dall’azienda agricola
dei Casana. Nel febbraio 2004, gli architetti veneti
Gianpietro Gallina e Albano Salmaso, titolari del 50%
della quota sociale di Forma Urbis, presentarono agli
amministratori locali un progetto per un complesso
turistico-residenziale di 120.000 metri cubi di cemento,
fortunatamente mai decollato. A fine 2006, i due
professionisti trasferirono per 20 milioni di euro le
loro quote a Mauro Benetton, ex direttore generale di
Ducati Motor Holding e responsabile marketing
dell’omonimo gruppo familiare (Mauro è figlio di Luciano
Benetton). Attualmente l’altro 50% della S.p.a. è in
mano ai fratelli Alessandra, Enrico, Paola e Lorenza
Toffano, anch’essi veneti, già titolari di una
consistente quota azionaria della catena di supermercati
Despar. Per la cronaca, Forma Urbis è pure proprietaria
di una parte dei terreni della costa di Teulada, fra
Capo Spartivento, Tuerredda e Malfatano, dove si sta
costruendo un mega complesso turistico-alberghiero
fortemente osteggiato dagli ambientalisti sardi. Per il
cosiddetto “Piano Malfatano” sono scesi in campo,
accanto alla società di Padova, due big della portata di
Francesco Gaetano Caltagirone ed Emma Marcegaglia,
mentre sono state commissionate al Dipartimento
d’Ingegneria del territorio dell’Università di Cagliari
le “linee guida per la gestione ambientale del piano di
sviluppo turistico”. Direttore scientifico, il
professore Giancarlo Deplano.
Nelle ordinanze di sospensione dei provvedimenti
autorizzativi dei lavori, il Tribunale amministrativo di
Cagliari lamenta infine l’assenza di studi o
riferimenti, da parte degli organi competenti,
dell’impatto che le onde elettromagnetiche potrebbero
generare sugli abitanti e sulle specie animali che
popolano le aree interessate ai radar. Una delle
motivazioni addotte dall’Avvocatura dello Stato per
giustificare la scarsa attenzione verso i rischi
elettromagnetici degli impianti è quella che “ai sensi
dell’articolo 2 comma 3 della legge quadro del 22
febbraio 2001 sulla protezione delle esposizioni a campi
elettrici, magnetici ed elettromagnetici, nei riguardi
delle Forze armate e delle Forze di polizia le norme
sono applicate tenendo conto delle particolari esigenze
del servizio espletato”. Affermazione che contraddice la
Guardia di finanza che continua a sostenere in ogni sede
l’innocuità dei radar israeliani e il pieno rispetto
delle norme legislative sui limiti delle emissioni.
Di altro avviso sono invece i giudici del Tar. “Le opere
in argomento – scrivono - benché certamente da
considerarsi d’interesse statale e destinate
all’esecuzione di compiti istituzionali di un Corpo
nazionale di polizia ad ordinamento militare, sono
sempre qualificate, nelle comunicazioni
dell’Amministrazione, come opere di carattere civile”.
Grazie a questo escamotage, la concessione delle
autorizzazioni per gli impianti radar è avvenuta senza
la convocazione del Comitato misto paritetico
Stato-Regione sulle servitù militari.
Sulla rilevanza strategico-militare della nuova rete di
rilevamento della Guardia di finanza si è espresso il
senatore Pd Antonello Cabras, vicepresidente della
delegazione parlamentare italiana alla Nato (ed ex
sindaco di Sant’Antioco). “I radar sono indispensabili
per prevenire ogni possibile azione contro la sicurezza
dell’Europa e la loro funzione anti-clandestini è solo
un aspetto del progetto”, ha dichiarato Cabras a margine
del vertice del Patto Atlantico tenutosi nell’isola
della Maddalena, lo scorso mese di luglio. Ancora più
esplicito l’ammiraglio Samuel J. Locklear III,
comandante delle forze navali Usa e Nato per il Sud
Europa e l’Africa. “Dobbiamo garantire la sicurezza nel
Mediterraneo e per questo dobbiamo contare su una rete
analoga a quella usata contro i narcotrafficanti”, ha
spiegato l’alto ufficiale. “Attraverso i nostri apparati
di controllo oggi possiamo vigilare sul 60% degli
specchi d’acqua, in futuro dovremmo portare questo
livello al 70-80%. Per farlo non è indispensabile avere
nostre unità costantemente in mare per compiti di
pattugliamento. È sufficiente che la Marina, grazie alla
sorveglianza dei radar, possa intervenire rapidamente,
dove necessario”. Ben vengano dunque le selve d’antenne
in Sardegna e in sud Italia per la guerra alle
migrazioni e ai migranti…