"TRE COSE DA FARE PER PROMUOVERE LA CAMPAGNA NONVIOLENTA
“NON UN GIORNO DI PIù"
Proponiamo a tutte le persone, i
gruppi e le esperienze collettive interessati a
promuovere una campagna nonviolenta per l’immediata
cessazione della partecipazione italiana alla guerra in
Afghanistan, di intraprendere le seguenti iniziative:
1. iniziative locali (dal comunicato ai mezzi
d’informazione agli incontri pubblici di informazione e
sensibilizzazione);
2. richiedere ad altri soggetti sia individuali (in
particolare personalità autorevoli) che associativi che
istituzionali – e soprattutto agli enti locali – di
prendere posizione per la cessazione della
partecipazione alla guerra;
3. scrivere in tal senso al Governo, al Parlamento ed al
Presidente della Repubblica.
*
Proponiamo che il programma fondamentale che unifichi
tutte le iniziative della campagna nonviolenta per la
cessazione immediata della partecipazione italiana alla
guerra afgana sia: “Cessazione immediata della
partecipazione italiana alla guerra afgana; pace,
disarmo e smilitarizzazione; rispetto della vita, della
dignita’ e dei diritti umani di tutti gli esseri umani”.
*
Proponiamo che il ragionamento alla base dell’iniziativa
sia quello dell’appello del 30 agosto che di seguito
riportiamo:
Non un giorno di più. Una campagna nonviolenta per la
cessazione immediata della partecipazione italiana alla
guerra afgana
Occorre far cessare la guerra in Afghanistan.
Ed a tal fine la prima e decisiva azione che come
cittadini italiani possiamo e dobbiamo svolgere consiste
nell’ottenere che l’Italia cessi di partecipare alla
guerra.
Perché l’Italia a quella guerra non avrebbe mai e poi
mai dovuto prendere parte, proibendoglielo
esplicitamente il dettato della sua legge fondamentale,
la Costituzione della Repubblica Italiana.
Occorre quindi costringere governo e parlamento italiani
a tornare nella sfera della legalità, a desistere dal
crimine: occorre costringere lo Stato italiano a cessare
di prendere parte alla guerra e alle stragi di cui essa
consiste.
Oltre un decennio di eccidi e barbarie dovrebbe aver
aperto gli occhi a chiunque; e del resto ogni persona
ragionevole sente e sa che la guerra e’ nemica dell’umanità’,
che solo la pace salva le vite.
Occorre far cessare la guerra in Afghanistan,
cominciando con la cessazione della partecipazione
italiana.
Dobbiamo far crescere dal basso una vera e propria
insurrezione nonviolenta contro la guerra e contro le
uccisioni, per la legalita’ costituzionale e per il
primario diritto di ogni essere umano a non essere
ucciso.
Dobbiamo imporre al potere esecutivo e al potere
legislativo del nostro paese l’immediata cessazione
della partecipazione italiana alla guerra.
E dobbiamo farlo con la forza della verità, con la
forza della legalità, con la forza della dignità e
della solidarietà umana, con la scelta nitida e
intransigente della nonviolenza; dobbiamo farlo con una
campagna nonviolenta di massa che faccia rinascere in
Italia un movimento per la pace e i diritti umani di
tutti gli esseri umani.
Una campagna nonviolenta per salvare le vite umane: che
nasca dal basso in ogni città e in ogni paese, e che
abbia questa semplice e chiara finalita’: “cessazione
immediata della partecipazione italiana alla guerra
afgana; pace, disarmo e smilitarizzazione; rispetto
della vita, della dignita’ e dei diritti umani di tutti
gli esseri umani”.
Proponiamo di non costituire
coordinamenti nazionali, portavoce et similia, ma che
ogni persona ed ogni gruppo ed ogni esperienza
collettiva si impegni sulla base delle proprie
convinzioni senza deleghe di rappresentanza e senza
burocratismi, favorendo la più ampia partecipazione nel
rispetto delle differenti opinioni e collocazioni di
ciascuno, mantenendo quindi le caratteristiche
fondamentali della campagna nonviolenta: iniziativa dal
basso, partecipazione su base locale, pluralita’ ed
apertura.
Chiediamo soltanto che quanti si vogliono impegnare in
questa iniziativa utilizzandone la denominazione
proposta (“Non un giorno di piu’. Una campagna
nonviolenta per la cessazione immediata della
partecipazione italiana alla guerra afgana”) si
attengano rigorosamente al metodo nonviolento cosi’ come
definito da Aldo Capitini: “metodo nonviolento: che
implica il rifiuto dell’uccisione e della lesione
fisica, dell’odio e della menzogna, dell’impedimento del
dialogo e della liberta’ di informazione e di critica”.
Viterbo, primo settembre 2012
Mittente: "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: nbawac@tin.it e centropacevt@gmail.com , web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/