repressione dei fratelli mussulmani
in Egitto, la repressione all'ombra dei militari
Colpo di Stato? Sollevazione popolare? Nuova fase della rivoluzione? Come definire il movimento di massa contro Mohamed Morsi, quindi la destituzione il 30 Giugno del primo presidente civile democraticamente eletto d'Egitto?Se i Fratelli Mussulmani hanno una responsabilità pesante nel loro fallimento,dietro i manifestanti si profila l'ombra dei militari del vecchio regime
Naturalmente, ci si può stupire di vedere una fonte militare certificare che quattordici milioni di Egiziani (cifra talvolta portata a trentatré milioni) sono scesi in piazza il 30 giugno 2013, e l'esercito fornire a i media immagini riprese dai suoi aerei per confermare le sue versioni dei fatti(1). Naturalmente, ci si può interrogare quando responsabili del ministero degli interni salutano le più grandi manifestazioni della storia dell'Egitto. Naturalmente si può essere un po' scettici sui quindici, e perfino ventidue milioni di firme ottenute dal movimento Tamarrod («Ribellione») che chiedono le dimissioni del presidente Mohamed Morsi, e sorridere quando una «filosofa egiziana» assicura che esse sono state «riconteggiate dall'Alta Corte costituzionale(2)»
In ogni caso,al di questi eccessi, il paese ha conosciuto il 30 Giugno la sua più forte mobilitazione dal gennaio-febbraio 2011. In massa gli egiziani hanno voluto ricordare le loro esigenze di dignità,di libertà, di giustizia sociale. Hanno voluto manifestare il loro rifiuto della politica fatta da Morsi e dell'organizzazione che egli rappresenta. i Fratelli mussulmani.
Creata nel 1928 la confraternita aveva attraversato un XX secolo tormentato. La sua storia è costellata dalla repressione, gli arresti, la tortura . Eppure, ogni volta che se ne presentava l'occasione , l'organizzazione conseguiva importanti successi elettorali, alle elezioni legislative o a quelle professionali (ingegneri, medici, avvocati, etc). per decenni, la sua parola d'ordine «L'Islam è la soluzione», la sua rete di solidarietà, e l'abnegazione dei suoi militanti le avevano conseguito un'aura considerevole. E assicurato una maggioranza alle prime elezioni legislative libere (fine 2011 - inizio 2012 ), segnate dalla partecipazione senza precedenti di trenta milioni di egiziani. Al di là del nocciolo duro dei simpatizzanti,molti elettori hanno voluto dare una possibilità all'organizzazione fondata da Hassan al-Banna
«Abbiamo già provato tutto. Abbiamo provato il re, non ha funzionato. Dopo, abbiamo provato il socialismo con [Gamal Abdel] Nasser, e, persino all'apice e del socialismo, c'erano ancora i pascià dell'esercito e dei servizi segreti. Dopo abbiamo provato il centro poi il capitalismo (...) E non funziona . Potremmo benissimo provare i Fratelli mussulmani, adesso, vedere se questo funziona. Comunque non abbiamo nulla da perdere». In un racconto abbondante delle sue tribolazioni attraverso gli ingorghi del Cairo di prima della rivoluzione, lo scrittore Khaled al Khamissi riferiva questo commento di un tassista(3). Nella primavera 2013 il giornalista ghiotto delle delle confidenze di questi stessi tassisti ha sentito un'altra campana: i Fratelli mussulmani, «anche questo non funziona». Quello che non era riuscita a fare la repressione, l'hanno fatto due anni e mezzo di vita pubblica e di un dibattito pluralista più, aperto e spesso polemico:esposti alla luce del sole e alla controversia, i Fratelli mussulmani hanno fatto inesorabilmente marcia indietro
Da parecchi mesi le urne confermavano questa battuta d'arresto. Al primo turno delle elezioni presidenziali nel maggio 2012, Morsi aveva ottenuto solo un quarto dei suffragi, aveva strappato la maggioranza al secondo turno solo grazie a coloro che rifiutavano il suo avversario, il generale Ahmed Shafik, candidato evidente del vecchi regime. Alcuni mesi di un relativo stato di grazia avevano consentito al presedente di sbarazzarsi in modo soft, nell'agosto 2012 del Consiglio supremo delle forze armate, responsabile della disastrosa transazione dopo la caduta di Hosni Mubarak e di violente repressioni fra le quali quella dell'ottobre 2011 contro una manifestazione pacifica di solidarietà con i copti (4). Il «rais» e la sua organizzazione avrebbero visto in seguito la loro popolarità crollare. Con un ridimensionamento dei risultati alle elezioni studentesche, ma anche all'interno dei sindacati dei giornalisti o di farmacisti.
Isolato, il presidente Morsi si è intestardito
ESISTONO molte spiegazioni per questo fallimento, e non tutte rientrano fra le responsabilità dei Fratelli. Fondamentalmente, l’organizzazione non è stata in grado di adattarsi alla nuova situazione politica pluralista, di uscire dalla sua cultura della clandestinità, di trasformarsi in un partito politico, di forgiare delle alleanze. Certo, essa ha -fondato il Partito della libertà e della giustizia (Plj) (5), ma questo è rimasto totalmente sottomesso alla direzione dei Fratelli. Raccontando i suoi negoziati con il Plj, un quadro del Partito social-democratico ci confidava come, ogni ora, bisognasse sospendere la seduta perché i suoi interlocutori potessero consultare la confraternita.
- Impegnati nel corso degli anni ‘90 in - una modernizzazione segnata in particolare dall’accettazione dei concetti di democrazia e di sovranità popolare, i - Fratelli, sotto i colpi della repressione seguita al loro successo alle legislative del 2005, si sono nuovamente ripiegati su se stessi. Al loro congresso del 2009, l’ala più conservatrice, guidata dall’imprenditore Khairat al-Shater, ha consolidato la sua posizione ed estromesso gli elementi più aperti, come Abdèl Moneim Aboul Fotouh. -
- Non è sicuramente il loro proselitismo religioso o la loro volontà di applicare la shari ‘a ad avere disgustato gli egiziani: il loro bilancio in questo campo è assai ridotto, cosa che viene loro d’altronde rimproverata dal potente partito salafita Al-Nur. In realtà, la loro incompetenza e la loro inettitudine -ad avviare riforme hanno sorpreso più dl uno. Organizzazione conservatrice, i Fratelli hanno rispettato l’ordine costituito e non hanno saputo stringere le alleanze che avrebbero permesso una trasformazione dell’apparato statale — esercito, polizia, o potere giudiziario —, che è rimasto fedele al vecchio regime.
Nei confronti del movimento sociale e dei sindacati, il loro atteggiamento ha ricordato quello degli anni di Mubarak. «In Parlamento, osserva la rivista statunitense Merip, i Fratelli hanno respinto un disegno di legge sul lavoro che avrebbe garantito il diritto di formare sindacati indipendenti attraverso libere elezioni. Hanno proposto di “regolamentare” gli scioperi, e si sono allineati a fianco dei datori di lavoro durante gli scioperi selvaggi che sono continuati dopo la cacciata di Mubarak. Agli inizi dell’estate, l’Egitto è tornato sulla lista nera dell’Organizzazione internazionale del lavoro [Ilo] per avere omesso di rispettare le convenzioni di cui è firmatario. (...) Il governo Morsi ha ignorato le ordinanze del tribunale che impongono di riconsiderare diverse privatizzazioni di imprese pubbliche svendute (6).»
Isolato, il presidente Morsi si è intestardito, nel novembre 2012, con una dichiarazione costituzionale che gli confèriva i pieni poteri. Incapace di metterla in atto, ha mobilitato le sue milizie, e tentato di piazzare i suoi uomini, prestando il fianco all’accusa di «fraternizzazione» dello Stato — accusa poco consistente nella misura in cui le istituzioni sfuggivano alla sua autorità. Ma sarebbe ingenuo pensare che la sollevazione sia stata il risultato solo di questo rifiuto.
I Fratelli hanno fronteggiato una campagna di destabilizzazione orchestrata dal vecchio regime: scioglimento del Parlamento eletto, rifiuto della po— lizia di garantire l’ordine pubblico e la protezione dei suoi locali (è significati\O che Il ministro degli Interni sia stato reintegrato nelle sue funzioni dopo il 30 giugno), assoluzione da parte dei tribunali dei responsabili dell’era Mubarak Nel momento in cui, nel maggio 2013.. Reporters sans frontières (Rsf) denunciava il governo egiziano sulla sua lista dei «predatori» della libertà di stampa (un epiteto mai utilizzato con- no il regime di Mubarak) era all’opera,secondo il sito The Arabist (30 giugno) una «macchina implacabile di demonizzazione mediatica e di delegittimazione dell ‘amministrazione Morsi, ben al di là degli errori dei quali lo stesso Morsi è responsabile. Chiunque guardi Cbc, Ontv, Al-Qahira wal-Nas, e altri canali satellitari, o legga giornali isterici come Al-Dustur, Al-Watan, o Al-Tahrir (e, sempre più, Al-Masri alYoun ), è inondato da una propaganda anti-Morsi permanente»
L'opposizione, raggruppata nel Frontedi salvezza nazionale (Fsn), ha partecipato a questa campagna e non ha esitato a fare causa comune con il vecchio regime. Come faceva osservare il saggista Esam al-Amin alla vigilia del 30 giugno, «nella battaglia ideologica fra expartner rivoluzionari,- i fouloul [«esidui», sostenitori del vecchio regime] sono stati capaci di reinventarsi e di diventare attori -importanti afianco dei gruppi laici contro i Fratelli e gli islamisti. Recentemente, [Mohammed] El Baradei si è dichiarato pronto ad accogliere nel suo partito tutti gli elementi del Partito nazionale democratico di Mubart*, mentre -Jiamceen Sabbahi [arrivato terzo alle elezioni presidenziali che si richiama al nasserismo] affermava che la battaglia contro i fouloul adesso era secondaria datoche il nemico pnncipale e sono i Fratelli e i loro alleati islamici (7)». La fascinazione di Sabbahi per l’esercito e per Nasser sembra averlo portato a questo capovolgimento tanto più strano in quanto, alle - elezioni legislative, il suo partito si era alleato con i Fratelli musulmani AI di là dell’immagine semplicistica di giovani disorganizzati che rovesciano un «dittatore islamista» si delinea un quadro meno luminoso. Mahmoud Badc uno dei fondatorii di Tamarrod. può vantarsi — ingenuità o stupidità? — del fatto che il comandante in capo dell’esercito si sia, nel loro primo incontro, piegato al suo ammonimento: «Ve lo dico, voi siete il comandante in capo delle forze armate, ma il popolo egiziano è il vostro comandante in capo e vi ordina di mettervi immediatamente al suo fianco e chiede elezioni anticipate (8)» Più realista, una militante dei movimento spiega che lei se a’è ritirata quando ha visto delle nuove figure che conosceva «come dei foubui» o che «giustificavano le manovre della sicurezza di Stato». Mille e un indizio dimostrano che il movimento è stato preparato da molto tempo dall’esercito, con garanzie date dall’Arabia saudita, dalla sicurezza di Stato e dai fouloul. Il miliardario Naguib Sawiris, legato al vecchio regime. ha ammesso di aver finanziato i militanti di Tamarrod, «a loro stessa insaputa», mentre Tahani el Gebali, ex vice-presidente dell’Alta corte costituzionale, spiegava come li aveva aiutati a forgiare una strategia per far intervenire l’esercito (9). Questa stessa Gebali, pilastro del regime di Mubarak, dichiarava che i laureati dovevano avere più voti degli altri alle elezioni (10). E, come per miracolo, dopo la caduta di Morsi, le penurie, in particolare di benzina, sono finite; i poliziotti sono tornati nelle strade. Ma c’è qualche dubbio che proteggeranno le donne: il 3 luglio, giorno del rovesciamento di Morsi, un centinaio di aggressioni sessuali e di stupri sono stati perpetrati in piazza Tahrir (11). E non è il generale Abdel Fatah al Sissi, il nuovo uomo forte del regime, che difendeva i «test di verginità» praticati nel gennaio-febbraio 2011 dall’esercito su alcune manifestanti?
«Se avessimo ucciso trecento persone...»
ILROVESCIAMENTO di Morsi non ha ampliato il pluralismo dei media in Egitto. Al contrario: una mezza dozzina di canali sono stati vietati, giornalisti arrestati, i media stranieri denunciati con gli stessi accenti della stampa ufficiale sotto Mubarak. Il mantenimento di un ministero dell’informazione non promette nulla di buono. Mentre i media di Stato rifiutano di parlare delle manifestazioni organizzate dai Fratelli — che radunano centinaia di migliaia di persone —,la quasi totalità dei giornalisti si piega al discorso ufficiale, dai toni sciovrnisti. Le minacce hanno come obiettivo, al di là dei Fratelli, tutti eo3wo di criticano la linea i5z Bì titav 1eaerd1 bella e coraggiosa presa di posizione del ceLebre umorista Bassem Youssef, co&tdej Fratelli che - denuncia la disumanizzazione di interi pezzi della società (12).
Caso da manuale: il modo in cui è stata trattata la repressione del sit-in organizzato l’8 luglio 2013 dai Fratelli davanti alla sede della guardia repubblicana, dove sono state uccise almeno una cinquantina di persone. Interrogato sull’uso eccessivo della forza, il portavoce dell’esercito ha affermato, senza ridere (o piangere): «Quale “uso eccessivo”? Sarebbe stato eccessivo se avessimo ucciso trecento persone». Il sito anglofono Mada Masr, uno dei pochi a non scadere nella propaganda, ha pubblicato alcune testimonianze schiaccianti per l’èsercito, in particolare le immagini di un operatore che lavora per un canale dell’opposizione che mostravano soldati che sparavano senza alcun motivo. Il suo video .è stato rapidamente tolto dal sito, «in attesa della posizione ufficiale dell’esercito». Un articolo pubblicato dal giornale AlShuruk, che citava diversi residenti del quartiere che confermavano che l’esercito aveva sparato per primo, è a sua volta scomparso (13).
Tutti i poteri sono ormai nelle mani di Adly Mansoùr, membro dell’Alta corte costituzionale, che ha presieduto per... quarantotto ore. Quest’uomo, la cui carriera è legata al Vecchio regime e all’Arabia saudita, dove ha lavorato per oltre dieci anni, ha promulgato una «road map», una dichiarazione costituzionale che gli conferisce i pieni poteri esecutivi e legislativi, e prevede elezioni entro sei mesi (14). Alcuni articoli contestati della vecchia Costituzione sono stati aboliti: molo consultivo dell’università islamica Al-Azhar nell’elaborazione delle leggi, limiti al pluralismo sindacale, ecc. Ma l’esercito resta al riparo da qualsiasi controllo civile. Curiosamente, nel campo religioso, la nuova formulazione adottata segna una regressione, in quanto i «principi della shari’a» restano la «fonte principale della legislazione» ma, questa volta, viene precisato che essi devono essere conformi alla tradizione sunnita. Questo testo ha messo in imbarazzo il Fronte nazionale di salvezza, che l’ha condannato prima di smentire. Tamarrod, da parte sua, fa campagna per la messa al bando dei Fratelli musulmani e dei partiti salafiti — che rappresentano, a dir poco, un terzo della popolazione!
Il nuovo governo ha confermato il ruolo chiave del generale al-Sissi, che, nominato vice-primo ministro, resta anche ministro della difesa. Vi dominano,in campo economico, sostenitori del liberismo e parecchie figure del vecchio regime. L’arrivo al ministero del Lavoro del dirigente di un sindacato indipendente rappresenta l’unica buona notizia.
A lungo, l’opinione pubblica si è interrogata per sapere se, una volta eletti i Fratelli, ci sarebbe stato un «biglietto di ritorno». La questione che si pone ormai è di sapere se, rovesciato il presidente eletto. l’Egitto conoscerà nuovamente elezioni pluraliste. Anche se alcuni responsabili, fra i quali el-Baradei, affermano la necessità di includere i Fratelli, restano muti di fronte alla repressione su tutti i fronti a opera della sicurezza di Stato e dell’esercito, al di fuori di ogni legalità, contro i loro militanti, definiti «terroristi» dai media.
Come interpretare altrimenti l’apertura di un’inchiesta sull’evasione di Morsi e di diversi leader dei Fratelli, durante la rivolta di gennaio-febbraio 2011, dal carcere di Wadi el-Natroun? Da mesi, la stampa, alimentata dai mukhabarat ( servizi segreti), moltiplicava le «rivelazioni» su questo incidente, sostenendo persino che i Fratelli fossero stati aiutati da Hamas, Hezbollah, e al Qaeda — il che alimenta una violenta campagna antipalestinese e sciovinista (15). Quand’è che dei militanti si ritroveranno imputati per avere preteso la caduta di Mubarak?
Si tratta di spingere i Fratelli alla violenza - e
perfino di provocarla — per permettere un ripristino dello stato di emergenza in
nome della «guerra contro il terrorismo»? L’instabilità nel Sinai, che non è
cominciata con Morsi, servirà da pretesto? Comunque vada, non ci sarà ordine
politico senza l’inclusione di tutte le forze, compresi gli islamisti e i
Fratelli, che dovranno trarre le lezioni dal loro fallimento e voltare la pagina
della clandestinità.
ALAIN GRESH
Note :
(1) Su queste stime, cfr. Ruth
Alexander, «Counting crowds: Was Egypt’s upi-ising the biggest ever?», Bbc News
Magazine, Londra, 16luglio2013. -
(2) A’am Sureau, Le Figaro, Parigi, 30 giugno 2013.
(3) Khaled al-Khamissi, Taxi. Le strade del Caimsi raccontano, Il Sirente, 2008
(4) Si legga «Egitto, dalla dittatura militare alla dittatura religiosa?», Le
Monde diplomatique/il manifesto, novembre 2012.
(5) Si legga Giibert Achcar, «La “transizione nell’ordine” dei Fratelli
musulmani», Le - Monde - d4lornatique/i1 manifesto, marzo 2011.
(6) «Egypt in Year Threer’, Men),, Washington, DC, 10luglio2013. (7) Esam
al-Amin, «Egypt’s fateful day», 26 giugno 2013, www.counterpunch.org
(8) Reuters, 7luglio2013.
(9) Ben Hubbard e David D. Kirkpatrick, «Sudden improvements in Egypt suggest a
campaign to undermine Morsi», The New York Times, 10 luglio 2013. Cfr. anche
Claire Talon, «Un coup préparé à l’avance par les militaires?», Le Monde, 7-8
luglio 20l3.
(10) Si legga «Paura della democrazia», Le Monde diplomatique/il manfes1o,
luglio 2011.
(11) Cfr. l’intert’ista con Aaalam al-Wassef su France-Inter, 4luglio2013,
www.franceinter.fr
(12) Bassem Youssef, «Alas, nobody lives here anymore», 17 luglio 2013,
www.tahrirsquared.com
(13) Ali Abdel Mohsen, «The killing of islamist protesters: State censorship or
self-censorship?», 9luglio2013, http://madamasr.com
(14) «In the interin»>, 12 luglio 2013, http://madamasr.com
(15) Dma Ezzat, «Wild rumours of Hamas interference in Egypt find audience»,
Ahram Online, 12maggio2013.
(Traduzione diO. S.)
Sul sito francese: «L’armée égyptienne, les Frères musuhnans et l’Arabie saoudite» (A.G.) www.monde-diplomatique.fr/49488
AGOSTO 2013 Le Monde diplomatique il manifesto