RIFLESSIONI SULLA GUERRA

 a cura del Centro Ligure di documentazione per la pace «

IL SONNO DELLA RAGIONE GENERA MOSTRI’ (F.Goya)

Premessa: non c’è dubbio che Milosevic andava fermato: ci chiediamo se era necessaria una guerra...

Mai come il questi anni la frase di Goya è stata così tremendamente vera. Sembra che l’uomo abbia ormai perso il ben dell’intelletto.

 La cultura e la logica della guerra sembrano prendere il sopravvento sulla cultura e sulla logica della trattativa, della diplomazia, della politica. La guerra sta diventando sul serio «la continuazione della politica con altri mezzi». Essa è l’elemento condizionante della politica mentre dovrebbe essere il contrario; intendendo per politica la mediazione nonviolenta di conflitti ed interessi diversi. Pertanto occorre avere la profonda convinzione che la via nonviolenta della trattativa seria, testarda, ad oltranza, che tenga conto dei vari interessi delle popolazioni in campo, deve essere l’arma vincente.

 Anche nel caso della Serbia si ha la netta sensazione che l’azione politico diplomatica fosse già in partenza condizionata dalla volontà di intervento armato da parte della NATO.

 La «Transnational Foundation For Peace», che fin dal ‘92 ha denunciato il rischio di una possibile esplosione della guerra in Kosovo, ha espresso il dubbio che la mancata prevenzione del conflitto sia dovuta al fatto che si attendeva l’esplosione delle ostilità per sostenere la necessità e l’indispensabilità dell’intervento della NATO, in cerca di rilegittimazione dopo il crollo del bipolarismo est-ovest a 50 anni dalla sua fondazione (documento Campagna Kosovo 27-3-.99)

Moltissimi sostengono che Milosevic ha rifiutato l’accordo di Rambouillet e che quindi l’intervento armato era l’unica soluzione.

Quell’accordo aveva di fatto trasformato l’autonomia legittima del Kosovo nella nascita di un piccolo stato sotto la diretta protezione delle truppe NATO. E’ per questa ragione che Milosevic lo ha rifiutato e da quel momento ha ripreso con più violenza la sua azione criminale di pulizia etnica.

Luciana Castellina scrive: «...La presenza militare dell’alleanza Atlantica non era prevista solo nella disgraziata regione teatro del conflitto ma nientemeno che in tutto il territorio della Repubblica Iugoslava. E infatti nelle 82 paginette uscite a Rambouillet, ed esattamente al suo capitolo VII, dove si parla del «corpo di pace militare nel Kosovo», è allegata un’appendice B che, al suo art. 8 recita:«.l personale della Nato dovrà godere, con i suoi veicoli, vascelli, aerei ed equipaggiamento, libero ed incondizionato transito attraverso l’intero territorio della Federazione delle Repubbliche Yugoslave (FRY) , ivi compreso l’accesso al suo spazio aereo ed alle sue acque territoriali. Questo dovrà includere, ma non essere a questo limitato, il diritto di bivacco, di manovra e di utilizzo do ogni area o servizio necessario al sostegno, all’addestramento ed alle operazioni». Precedentemente, all’art.7 , ci si è preoccupati di estendere alle truppe NATO operanti nella FRY lo status di cui godono quelle che operano, per es. in Italia. Il famoso privilegio Cermis. Vi si dice: «.Il personale NATO sarà immune da ogni forma di arresto, inquisizione e detenzione da parte delle autorità della FRY. Personale NATO erroneamente arrestato o detenuto dovrà essere immediatamente riconsegnato alle autorità della NATO.»

Agli articoli 9 e 10 ci si preoccupa invece di precisare che la Nato non sarà nemmeno tenuta a pagare tasse, così come ogni altro onere fiscale o tariffario, o subire qualsivoglia controllo doganale.

Per non lasciare dubbi l’art. 15 chiarisce che quando si parla di servizi si intende lasciare il libero e pieno uso delle reti di comunicazione, inclusa la TV ed il diritto di usare l’intero campo elettromagnetico; e tutto ciò «free of costs», gratis.

A Rambouillet ci si è occupati comunque anche di rapporti di lavoro per precisare sempre nella stessa appendice (paragrafo b) dell’art.20 che il personale locale eventualmente impiegato dalla Nato-sarà soggetto esclusivamente alle «condizioni e ai termini stabiliti dalla Nato stessa». Ma non è finita, l’art. 21 afferma che «La Nato è autorizzata a detenere persone e a consegnarle al più presto alle autorità appropriata»... (Il Manifesto 18/4/99).

Quindi questa proposta è stata formulata proprio per essere rifiutata e per dare così la parola alle armi. alle armi Nato sotto il comando (in tutti i sensi) degli Stati Uniti.

E questo non è antiamericanismo vecchia maniera oppure ideologia. L’unico gendarme rimasto nel mondo è l’America e in questa situazione oggi il Presidente Clinton decide quando, come e quanto deve durare l’intervento Nato; egli decide e lo dice pubblicamente, prima ancora che i partners europei abbiano espresso il loro punito di vista...

Ora si parla di intervento con le truppe di terra, che non è che il logico prosieguo della guerra dopo le prime fasi degli interventi dal cielo. I generali Nato prevedono una forza di circa 250.000 uomini, mettendo in conto la morte di circa 30.000 di essi.

Ma è possibile che la diplomazia e la politica non si fossero accorti che da molti anni il Kosovo era un bubbone che si stava sempre più gonfiando, in particolare da quando Milosevic tolse a quella regione l’autonomia che Tito gli aveva a suo tempo dato?

Nel frattempo la Russia continuava ad armare Milosevic e l’America L’UCK.

Nei contatti diplomatici intrattenuti dal Vaticano erano emerse proposte di un contingente militare di verifica e attuazione degli accordi che comprendesse anche soldati russi; il tutto sotto l’egida dell’ONU e non della Nato” (dossier PeaceLìnk 104/99).

Anche secondo Noam Chomsky si poteva ritoccare l'accordo di Rambouillet sostituendo le truppe Nato che dovevano garantirlo con un contingente diverso (Avvenire 28/3/99).

Molti dicono che essendo Milosevic un tiranno ed un assassino occorreva che la comunità internazionale lo fermasse.

Ma è proprio vero che tutto il possibile sia state fatto dalla “Comunità Internazionale” per fermano? Che siano stati usati tutti gli strumenti della diplomazia in termini di forti pressioni internazionali politiche ed economiche e di altro tipo?

Curzio Maltese scrive: «Bisogna che l’occidente studi altri sistemi per combattere i regimi dittatoriali. Bisogna ripensare il concetto stesso di guerra “etica”. La lezione della storia ha insegnato che il non intervento porta altre rovine. Ma è giusto ormai, di fronte all’esperienza dell’Iraq e della Serbia. chiedersi anche se non si possano trovare strumenti meno inefficaci, per non dire controproducenti, dell’embargo e dei bombardamenti. Strumenti più moderni e politici come la guerra economica totale e la guerra mediatica, il bombardamento di informazioni che ha già contribuito al crollo dei regimi dell’EST, ben più dei costosi arsenali militari. Le bombe della Nato non hanno impedito ma accelerato la soluzione finale per il Kossovo» (editoriale su Repubblica 8/4/99).

Pare invece che la “Comunità Internazionale”( vedi Nato e non invece l’Onu che è l’unica vera Comunità Internazionale ) abbia intrapreso una trattativa il cui unico sbocco non poteva non essere la guerra. La politica ha rinunciato al proprio ruolo.

Il Presidente del Montenegro oppositore di Milosevic Milo Djukanovic ha dichiarato: «La decisione della Nato di risolvere il problema del Kosovo con i bombardamenti è stato un errore. Aggrava le ferite aperte nel nostro paese. Parlare di pace e democrazia sotto le bombe è difficile: Suscitano piuttosto emozioni patriottiche e di condanna per la violenza. Ho provato con i miei interlocutori che era una mossa sbagliata. D’altra parte mi ha sempre sbalordito che a lungo la Nato abbia considerato Milosevic come l’unico partner nei Balcani: ora lo vuole punire, ma di fatto ne fanno le spese i cittadini che non hanno colpe. Bisogna fare di tutto per calmare le acque. E cessare immediatamente il fuoco sul Montenegro. Un solo proiettile in più sarebbe catastrofico»(dichiarazione su Repubblica 8/4/99).

Viene il sospetto che dietro l’intervento militare vi sia stata anche una forte pressione dei costruttori di anni, e quindi del potentissimo apparato industriale - militare. Infatti le armi vengono costruite per essere vendute e per essere usate! Inoltre costruendo armi sempre più sofisticate diventa necessario che queste vengano sperimentate sul campo, in quanto una guerra non può essere simulata fino in fondo. Inoltre in presenza di guerre si deve aumentare la produzione sia per coprire il fabbisogno sia per ricostituire le scorte: quindi gli affari aumentano a dismisura.

Tutto quanto detto finora non è forse IL SONNO DELLA RAGIONE?

Vengono in mente le battaglie nonviolente che negli anni passati noi pacifisti mettevamo in atto in occasione della Mostra delle Armi che ogni due anni si svolgeva presso la fiera del mare del la nostra città.
Molti non condividevano le nostre obiezioni di coscienza sul fatto che quelle armi erano costruite e vendute per essere usate; altri si limitavano a definirci
«anime belle»

A questo punto riteniamo utile precisare il nostro pensiero rispetto alla «necessità» della guerra.

La violenza chiama violenza; la guerra chiama guerra...

Nella storia nessuna guerra ha mai risolto un solo problema per la gente; anzi ne ha sempre prodotto altri ed ha lasciato in eredità odio e lutti.

In un mondo sempre più violento riteniamo che l’arma della nonviolenza sia quella vincente. Una nonviolenza attiva che si manifesta in diverse forme di disobbedienza civile (es. obiezione al servizio militare - e alle spese militari, rifiuto di collaborare nei trasporti e nei servizi che supportano l’apparato militare - industriale, manifestazioni sulle piazze. ecc...)--Una reazione violenta ne richiama una eguale;una reazione nonviolenta sconcerta l’avversario e lo può portare a riflettere ed a sviluppare ragionamenti positivi.

«...se fossimo milioni nelle piazze contro la guerra la pace non sarebbe forse un’utopia...»

Ci rendiamo conto che nella storia dell’a civiltà ci sono stati momenti in cui l’intervento armato appariva necessario. L’intervento contro il nazismo è stato il più significativo di questo secolo.

Forse le democrazie inglesi e francesi dovevano intervenire, magari iniziando con altri mezzi che non fossero le armi, a sostegno della Repubblica Spagnola oggetto del colpo di stato ad opera di Franco, sostenuto dalla truppe italiane e dall’aviazione tedesca. Hitler poteva e doveva essere fermato quando scatenava la persecuzione razziale ed annetteva le nazioni vicine.

Probabilmente in quegli anni lo si poteva fermare con le sole armi dell’economia. Invece si è sottovalutato il fenomeno (le diplomazie non vedevano?) attendendo troppo tempo e permettendo alla Germania di mettere in piedi una micidiale e potentissima macchina bellica. Per questo fu necessaria una guerra terribile che tanti lutti ha portato nel mondo ed in Europa in particolare. La stessa Unione Sovietica ebbe gravi responsabilità stipulando patti infami con la Germania.

Anche contro Milosevic si doveva intervenire prima, con gli strumenti della politica e dell’economia già da quando Dubrovnik fu oggetto dei bombardamenti serbi e durante i tre anni di assedio di Sarajevo.

A guerra ormai scatenata, comunque vadano le cose. si deve avere la consapevolezza che si dovrà riprendere a trattare con la Jugoslavia per tentare di arrivare alle soluzioni più stabili possibile. Certamente saranno trattative rese più difficili e fortemente condizionate dalla guerra che crea sofferenze e lutti alle popolazioni che si portano dietro odio e rancori sempre più radicati e quindi sempre più difficili da debellare.

In questo quadro non si può non tenere conto di come i Balcani siano una bomba perennemente innescata sulla via della pace per l’Europa e per il mondo intero (il termine balcanizzazione dirà pure qualche cosa... ). Occorre quindi disinnescarla in maniera saggia e definitiva tenendo conto delle culture e delle storie di quelle popolazioni, necessità che è sempre stata ignorata in particolare dal mondo occidentale.

Bisogna essere coscienti che non è possibile salvaguardare la pace con una eterna presenza di forze di interposizione e di garanzia, siano esse pure dell’Onu. Occorre una soluzione equa e definitiva; forse occorrerà pure rivedere lo smembramento a suo tempo effettuato della ex Jugoslavia.

Riguardo all’Onu, il Governo italiano, prendendo spunto da questa drammatica vicenda, dovrebbe agire presso la Comunità Europea perché la stessa intraprenda una forte e convinta azione per una riorganizzazione dell’ONU come ente sovranazionale capace di gestire, di prevenire le situazioni di violazione dei diritti umani e di ingiustizia per ristabilirli. Alcuni enti sono già stati creati come la Corte dell’Aia, le Corti Internazionali... (intervista all’Unità di p. B.Sorge 31/3/99).
Un’Onu certamente munito di una forza di polizia internazionale armata che possa intervenire per fare rispettare gli accordi; una forza di interposizione e di intervento umanitario per la salvaguardia di popolazioni vessate quando tutti gli strumenti della diplomazia e dell’economia sperimentati fossero risultati vani.

Un’ONU organizzata secondo principi di assoluta parità tra i suoi membri, che escluda la palese ingiustizia dei privilegi concessi ai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza.

Guai a mettere la pietra tombale sull’Onu con la motivazione che intanto esso è inefficace. Potrebbe accadere che gruppi di nazioni si dotino di organizzazioni militari di difesa come la Nato con tutti pericoli del caso.

Un brevissimo cenno alla “legittimità” della guerra della NATO contro la FRJ se di legittimità si può parlare per una guerra.

-E illegittima secondo i principi costitutivi della Nato stessa in quanto questa è una organizzazione nata per la difesa e la solidarietà degli Stati membri (art. 3-4-5-6)

- E’ illegittima secondo la Costituzione italiana che all’art. 11 afferma «...l’Italia ripudia la guerra quale strumento di risoluzione delle controversie internazionali....»

Chiudiamo queste considerazioni con alcune precisazioni riguardanti l’accusa che abbastanza frequentemente viene rivolta a noi pacifisti nonviolenti: ma voi dove eravate quando....? Perché scendete in piazza per questo e non per quest’altro?...

Molti di noi, singolarmente o come gruppi, sono scesi nelle piazze contro guerre e genocidi di questi anni. Per il Ruanda, che ha sperimentato i più efferati assassinii di massa della storia recente, ci siamo fortemente impegnati mentre l’opinione pubblica ha vissuto questa tragedia in maniera distratta; forse perché il Ruanda era lontano e poi forse perché, in fondo. si trattava di «scontri tribali».

Lo stesso dicasi per il problema dei Curdi. Qui forse la cosa è diversa perché la Turchia, che perseguita i curdi è comunque uno stato «amico». Perché qui la Nato non è intervenuta con un intervento umanitario?

Certo in tante altre tragedie del mondo noi non siamo stati presenti e forse siamo anche stati disattenti. Questo però non esime i nostri critici dal valutare se ciò che al momento è oggetto del nostro impegno risulta essere una causa giusta oppure no.
Di fronte alla tragedie dei popoli noi chiediamo interventi umanitari certamente in Kosovo, ma anche in Turchia, Ruanda, Cecenia Cina, America latina, ... ed alziamo il nostro grido:

NO ALLA GUERRE - NO ALLE PULIZIE ETNICHE.

Centro Ligure di Documentazione per la Pace

Genova,21/4/99