Vista da fuori, la ex base Nato di
Comiso, in provincia di Ragusa,
appare identica a quando ospitava,
vent’anni fa e oltre, i 112 missili
nucleari “Cruise” puntati contro
l’est Europa, la Libia, il Corno
d’Africa e il Medio oriente. Una
lapide, all’ingresso, ricorda
l’intitolazione al generale Vincenzo
Magliocco, “eroe” delle conquiste
coloniali in Africa orientale grazie
all’uso di gas ed armi chimiche. Le
facciate delle villette e delle
palazzine per i militari Usa portano
solo lievi segni delle stagioni
passate. Ad entrarci, però, scopri
un mondo fatto di degrado ed
abbandono: porte e persiane divelte,
mura sfondate, bagni e impianti
elettrici saccheggiati, rifiuti di
ogni genere disseminati ovunque. Più
in là, protetta dalla rete
metallica, la moderna pista aerea
dell’aeroporto civile che verrà, se
mai verrà. L’anno prossimo sarà
quello buono, dicono i politici,
ma intanto dallo scalo non decolla
nulla mentre la “riconversione” ha
già ingurgitato 50 milioni di euro.
Adesso, sulla ex base atomica c’è la
spada di Damocle di un altro
terribile strumento delle guerre
post-moderne, il MUOS, il nuovo
sistema di telecomunicazioni
satellitari delle forze armate
statunitensi. Un terminale lo stanno
costruendo a pochi chilometri da
Comiso, nella riserva naturale di
Niscemi. Uno studio del Politecnico
di Torino sull’impatto
elettromagnetico delle maxi-antenne
ne ha rilevato l’incompatibilità con
il traffico aereo. Le emissioni
potrebbero fare impazzire i computer
di bordo e causare collisioni e
incidenti. Se lo strapotere dei
Signori di morte avrà la meglio
sulla ragione dei giusti, il
Mezzogiorno avrà la sua ennesima
cattedrale degli sprechi.
Lo scorso 4 aprile oltre 60
associazioni e organizzazioni
sociali si sono date appuntamento a
Comiso per ricordare la
straordinaria stagione di lotte per
la pace e contro la militarizzazione
che prese il via, lì, trent’anni
prima. Il 4 aprile 1981, oltre
centomila siciliani, giovani,
studenti, disoccupati, impiegati e
contadini, sfidarono in corteo
l’orrore dell’olocausto nucleare.
Tra gli animatori più convinti di
quel meeting l’allora segretario
regionale del Partito comunista, Pio
la Torre. Meno di un mese dopo
sarebbe caduto sotto il piombo
politico-mafioso, altro omicidio
eccellente delle centrali mondiali
del terrore. Per contrastare ogni
anelito di cambiamento e di speranza
nel Sud martoriato dal
sottosviluppo, i processi di
militarizzazione, il dominio
criminale.
Quella giornata consacrò Comiso in
uno degli epicentri della protesta
internazionale contro la follia
nucleare. Divenne meta dei giovani
di tutta Europa. Per condividere
entusiasmi, sogni, presidi, digiuni,
blocchi stradali e azioni dirette
non-violente. Le mobilitazioni non
impedirono l’arrivo dei missili e
sino al 1990 le rampe mobili dei
Cruise si spostarono impunemente
nelle strade e nelle campagne della
Sicilia. Ma le campagne
antinucleari, alla fine, costrinsero
le due superpotenze a smantellare le
armi nucleari a medio raggio dal
continente europeo.
Il movimento pacifista dei primi
anni ‘80 era composto da una
pluralità di soggetti politici e
sociali, comitati di base, militanti
dei partiti della sinistra storica e
della nuova sinistra, autonomi,
comunità cristiane, antimilitaristi,
nonviolenti, femministe, anarchici,
ambientalisti, ecc.. Le lotte
assunsero caratteristiche specifiche
ed originali. L’interscambio di
esperienze, l’accettazione delle
differenze, il superamento di
divisioni e frammentazioni
ideologiche, il confronto e la
dialettica tra realtà sociali e
culturali sino ad allora
contrapposte, le analisi e l’impegno
etico-politico maturato in quegli
anni, condizioneranno positivamente
le successive lotte per la difesa
della pace e per il disarmo, contro
le spese militari e la criminalità
organizzata, per la salvaguardia
dell’ambiente e delle risorse del
territorio, per la cooperazione dal
basso e l’interposizione nonviolenta
tra i belligeranti, in solidarietà
con i popoli oppressi dalle
ingiustizie. I contenuti, le forme
di comunicazione e le pratiche di
lotta sarebbero poi divenuti
patrimonio dei successivi movimenti
contro la globalizzazione
dell’economia e/o altermondisti ed
il nuovo ordine internazionale di
matrice neoliberista.
Il movimento contro le guerre non
sarebbe però più stato lo stesso
soprattutto nel Sud Italia, dove
intere aree sono state trasformate
in avamposto per le “missioni”
nazionali, Nato ed extra-Nato nei
Balcani, in Caucaso, nel Golfo
Persico e nel continente africano.
Subito dopo Comiso ci sarebbero
stati gli interventi in Libano e in
Somalia, i raid contro Tripoli e
Bengasi, la prima Guerra del Golfo,
i bombardamenti in ex Jugoslavia, il
Kosovo, l’Afghanistan, l’Iraq e, lo
scorso anno, l’occupazione della
Libia e i respingimenti in mare,
manu militari, di migliaia di
profughi scampati alle barbarie
africane. Tranne che alla vigilia
dei sanguinosi conflitti che hanno
segnato la fine del secolo scorso e
l’inizio del terzo millennio (mai
durante, mai dopo), le mobilitazioni
sono state intense e vissute come
quelle della generazione di
Comiso.
Deboli e sporadiche, invece, le
campagne contro l’insediamento o
l’ampliamento delle basi militari.
Tra le esperienze da ricordare, nei
primi anni ’90, quelle per
contrastare l’arrivo dei
cacciabombardieri F-16
dell’Aeronautica Usa a Crotone e
Gioia del Colle, l’ampliamento della
base navale di Taranto e
dell’aeroporto di Sigonella in
Sicilia. Nulla o quasi nulla di
fronte alla crescente
nuclearizzazione dei Golfi di
Taranto, Napoli e Augusta; contro i
pericolosissimi transiti di
sottomarini e portaerei a
propulsione nucleare dallo Stretto
di Messina, l’insediamento a
Napoli-Capodichino-Lago di Patria di
un gigantesco complesso aeronavale
della marina Usa ed Africom, la
trasformazione dell’aeroporto di
Amendola (Foggia) in piattaforma di
lancio dei famigerati aerei senza
pilota Predator, ecc.
Scandaloso e intollerabile il
silenzio, a Gioia del Colle,
Trapani, Pantelleria, Sigonella e
finanche Catania-Fontanarossa,
davanti al via vaia di caccia,
velivoli cisterna, aerei killer
senza pilota della coalizione
multinazionale anti-Gheddafi.
In controtendenza, fortunatamente,
sorgono in Sardegna comitati
popolari contro l’insediamento di
selve di antenne radar
anti-migranti, mentre in Sicilia
irrompe il movimento contro il MUOS
di Niscemi, emblema dei crimini
della globalizzazione (strumento di
guerra planetaria, dilapidatore di
ingenti risorse finanziarie, bomba
elettromagnetica contro l’ambiente e
la salute, opera criminogena).
La militarizzazione ha avuto una
duplice effetto nel Sud Italia: il
rafforzamento del controllo sociale,
anti-democratico ed anti-popolare;
l’arricchimento del blocco di potere
che governa i territori. Due
fenomeni che hanno radici antiche.
La desecretazione dei documenti
conservati negli archivi di Roma e
Washington ha permesso di fare luce
sul “peccato originale” da cui si è
sviluppata la rete di alleanze tra
gerarchie militari statunitensi,
servizi segreti nazionali e
stranieri, estremismo neofascista,
ambienti massonici, gruppi economici
dominanti e criminalità mafiosa. A
partire dalla strage di Portella
delle Ginestre, l’1 maggio del 1947,
primo eccidio di Stato proprio dopo
la vittoria del Blocco del popolo
alle elezioni regionali siciliane.
Le basi militari originate da
accordi bilaterali Italia-Stati
Uniti o in ambito alleato sono state
funzionali a cementare l’illecita
alleanza e limitare la sovranità
popolare.
La partnership tra i poteri militari
e la mafia è proseguita sino ai
giorni nostri. Lo confermano
l’omicidio di Pio La Torre e le
inchieste giudiziarie che hanno
provato l’attivismo delle cosche
criminali negli appalti nelle basi
di Sigonella, Crotone, Napoli e
Niscemi. Anche per questo i
movimenti anti-mafia, le realtà
antirazziste e i soggetti no war
devono ri-trovare linguaggi e
pratiche comuni, saldare legami ed
esperienze. Con l’odierna svolta
autoritaria e bellicista è in gioco
il futuro del paese. Per questo c’è
bisogno di una nuova alleanza dal
basso. Per ricostruire democrazia e
riaffermare con forza che l’Italia
ripudia la guerra come strumento di
offesa alla libertà degli altri
popoli e come mezzo di risoluzione
delle controversie internazionali.
Articolo pubblicato
in Mosaico di pace, n. 6,
giugno 2012 |