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12 febbraio 2025
Giù le armi. La prima causa di fame al mondo sono
le guerre
In Ucraina, oggi, più di 7 milioni di persone vivono in condizioni di
insicurezza alimentare, per via dell’inflazione, dell’impossibilità di coltivare
i campi disseminati di mine e per mancanza di mano d’opera. La Russia, terzo
maggiore produttore di grano dopo Cina e India, l’anno scorso ha visto la sua
produzione di derrate vegetali crollare del 14%. In Sudan, altro scenario di
guerra, ben 17,7 milioni di persone sono in uno stato di grave insicurezza
alimentare. L’esercito israeliano è responsabile di ben 8.660 ettari di terreno
agricolo palestinese devastato: frutteti, oliveti, campi di ortaggi e cereali.
In Italia la spesa militare complessiva per il 2025 è di 31,2 miliardi:
l’aumento decennale in termini assoluti è stato pari al 61%. Una ricerca tedesca
ha studiato il prezzo della fame nel mondo: debellarla entro il 2030 costerebbe
circa 280 miliardi di euro. Una cifra ridicola rispetto alla spesa militare
globale quotidiana: 6,7 miliardi. In 50 giorni di pace globale avremmo quel
valore.
Abbiamo una trave nel piatto, anzi un kalashnikov: la guerra è infatti la prima
causa di fame al mondo. Lo scorso anno i conflitti armati hanno trascinato 135
milioni di persone in più verso la fame. Il futuro è quantomai incerto perché
viviamo una fase nella quale il potere è frammentato: una sorta di sistema
anarchico confuso e rischioso, un nuovo medioevo. E nonostante la dirompente
innovazione istituzionale che ha rappresentato l’Europa, oggi essa stessa e la
democrazia che incarna, sono messe in discussione, anche a mezzo guerra: i
conflitti sono infatti oggi utilizzati per creare instabilità, non stabilità.
D’altronde la democrazia è complessità e la semplificazione ne è la prima crepa.
Il ritorno alle logiche di forza, all’imperialismo, una cultura marziale diffusa
e disinvolta, sono una preoccupante deriva della semplificazione. Il
multilateralismo ha prodotto accordi, carte d’intenti, regole che non hanno
funzionato perfettamente, ma che esistono ed esprimono valori. Non saranno i
singoli Stati a poter affrontare una crisi tanto trasversale, ma federazioni di
Stati forse sì, l’Europa sì: se sarà capace di immaginare un’idea di mondo –
senza guerra, né fame – e trasformarlo in concretezza.
*Presidente Slow Food Italia
( Barbara Nappini – 3 febbraio 2025 - da IL FATTO QUOTIDIANO )