APPELLO: EXPO la vetrina dei mercanti

 
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Aldilà della retorica istituzionale, Expo 2015 rappresenta la più chiara manifestazione di un modello di sviluppo insostenibile. Nonostante l’obiettivo di voler nutrire il pianeta, la filosofia che ha ispirato e ha dato gambe a tutta la kermesse riprende e rilancia un sistema agroalimentare incapace di rispondere alle esigenze di sovranità alimentare, di equo accesso ad un’alimentazione di qualità, di sostenibilità ambientale davanti alle grandi crisi ecologiche del nostro tempo.

Proprio per questo, come organizzazioni e reti della società civile delle più diverse provenienze, denunciamo questo tentativo di manipolazione chi attraverso il quale, istituzioni come imprese private, cercano di rinnovare l’immagine di un sistema strutturalmente insostenibile. I cantieri verso Expo 2015 sono stati un insulto ai diritti del lavoro e alla sostenibilità ambientale. Turni inaccettabili, paghe orarie da miseria, e un pesante impatto sul territorio, in termini di cementificazione e quindi consumo di suolo[1], infrastrutture inutili e emissione di gas climalteranti, sono già l’evidente espressione dell’incoerenza dell’iniziativa: con buona pace del rilancio e della rivalorizzazione dei nostri terreni agricoli e di una vera lotta al cambiamento climatico. Expo, che vuole nutrire il pianeta, si basa su una kermesse che consuma territorio ed emette gas climalteranti. Il tutto con ingenti investimenti pubblici [2], alcuni dei quali finiti sotto la lente della procura perché in odor di mafia.

Al di là della questione legalità attorno ai cantieri dell’area fieristica Expo e delle infrastrutture ad esso collegate o con esso giustificate, è ancora una volta la filosofia delle “grandi opere” ad essere validata come unica strada percorribile per rilanciare l’economia nei territori, dove urbanizzazione, cementificazione e infrastrutturazione stradale ed energetica giocano un ruolo di traino. Questo modello di sviluppo contraddice una visione eco-compatibile di gestione delle risorse agricole, naturali e territoriali, una visione in cui le “piccole opere” e l’iniziativa economica delle comunità locali hanno un ruolo centrale.

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Contemporaneamente, l’evento Expo 2015 sarà una grande vetrina di marketing per le multinazionali dove non verranno affrontati i veri nodi dell’agroalimentare, come la sovranità alimentare, la giusta remunerazione per i produttori, la necessità di ripensare standard di qualità e trasparenza delle filiere creati a tutto vantaggio di chi il cibo lo trasforma e lo distribuisce, il diritto della società civile di partecipare alle decisioni in materia di cibo: su tutti questi temi le decisioni che contano verranno prese al di fuori di Expo nelle solite sedi extraistituzionali ‘segrete’, come sta avvenendo per gli accordi T-tip.

La nostra esperienza quotidiana, il lavoro di costruzione dal basso di filiere solidali e sostenibili così come di campagne di sensibilizzazione e di advocacy su un’economia giusta, ci hanno insegnato che non esiste un sistema agroalimentare sostenibile senza sovranità alimentare, senza cioè che siano le comunità e non i mercati a determinare le produzioni. Che non è possibile nutrire il mondo attraverso un modello di produzione industriale e produttivista, che prevede un ampio utilizzo della chimica, che consuma i suoli e distrugge la biodiversità, e che lascia in mano di pochi il controllo delle filiere agroalimentari globali. Che è miope guardare all’agricoltura di qualità senza mettere in discussione la finanziarizzazione del comparto agricolo, e l’intero sistema che ne condiziona i caratteri (le politiche, la ricerca, il controllo da parte delle imprese a monte e a valle delle attività produttive).

Crediamo che opporsi a Expo significhi insieme opporsi a tutto questo: un’iniziativa che calpesta la terra e i diritti del lavoro, un modello agricolo basato sui mercati e controllato dalle grandi imprese dell’agroalimentare, un sistema che porta a una sempre minor trasparenza sull’origine delle produzioni e ad un abbassamento della qualità nutrizionale, sociale e ambientale dei prodotti, una manipolazione della cultura alimentare a misura dei modelli di consumo imposti da industria e distribuzione.

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Siamo convinti che non sia possibile nutrire il pianeta senza cambiare radicalmente modello di produzione e di distribuzione[3]. Per questo, fuori da schieramenti precostituiti ma forti della nostra esperienza e azione quotidiana, abbiamo scelto di unire le forze per promuovere e sostenere qualcosa di diverso, capace di dare spazio ai territori, ai produttori che li animano, alle tante esperienze di economia diversa nate a partire da una critica radicale all’attuale processo di sviluppo. Sarà uno spazio fatto di proposta e di conflitto, di alternative e di radicali opposizioni. Un arcipelago di pensieri e di esperienze a cui daremo spazio, da oggi ai prossimi mesi, in tutti gli eventi, le iniziative, le riflessioni che in modo articolato e complementare saremo in grado di mettere in campo.

 

Note
[1]  Un milione di mq ancora agricoli sono diventati con il sito Expo edificabili.
[2] E’ la prima Expo che si tiene su terreni acquistati da privati.
[3] Non si può parlare di ‘Nutrire il pianeta’ senza occuparsi di come nutrire diversamente, con metodi di coltivazione eco-compatibili, le popolazioni dei territori, Milano e Rho in primis, collocati nel più grande Parco agricolo d’Europa, dove ora si produce, con metodi industriali, quasi solo riso e mais per alimentazione animale.
Primi firmatari
Corto Circuito Flegreo
Distretto di Economia Solidale Altrotirreno
Distretto di Economia Solidale Basso Garda
Distretto di Economia Solidale Bologna
Distretto di Economia Solidale Brescia
Distretto di Economia Solidale Brianza
Distretto di Economia Solidale Parco Sud Milano
Distretto di Economia Solidale Varese
Rete di Economia Solidale Veronese 2
Associazione A Sud
Redazione di Comune-info
Cospe
Fairwatch
Laboratorio Urbano Reset
Reorient
Primi aderenti
Associazione Dimensioni Diverse
Biorekk
Cooperativa agricola El Tamiso – Padova
Costituzione Beni Comuni
Gruppo d’Acquisto Solidale Alchemilla – Bologna
Gruppo di Acquisto Solidale Atuttogas – Domodossola
Gruppo d’Acquisto Solidale GASPALEON – Paleo Naturale
Gruppo d’Acquisto Solidale La Credenza – Vaprio D’Adda
Gruppo di Acquisto Solidale Padova
Gruppo d’Acquisto Solidale Vegan LasVeGasBo – Bologna
Gruppo d’Acquisto Solidale Vitale – Arcore
Communianet, rete nazionale
FairMenti
Rimaflow, fabbrica recuperata
Salviamo il Paesaggio – Comitato di Bologna
VAS – Verdi Ambiente Società
Altragricoltura Nord Est
Co-Energia
Comunità Energetica – San Lazzaro di Savena (BO)
Coop. I dodici mesi – Osteria di Fuori Porta
La Via Contadina – rivista web
Per altre adesioni di reti, associaizoni, gruppi informali ed altri sogetti colletivi inviare mail: alberto.zoratti@gmail.com
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Expo non è “solo” un cantiere di speculazioni e un banco di prova delle nuove riforme strutturali del lavoro (all’insegna del self-management, della gratuità e della flessibilità), ma si configura anche come spazio di produzione di discorso, di simboli, di miti e di pratiche che vanno ad alimentare un’idea di mondo nata nella notte dei tempi: la Storia del maschio. Uno dei campi discorsivi e simbolici attorno a cui si costruisce l’Esposizione Universale del terzo millennio è infatti quello della femminilità come insieme di attributi salvifici e creativi della donna e quello della vita come terreno di sfida politica ed economica. Donna come portatrice di un potenziale differente per il lavoro e per l’impresa. Per queste ragioni quella contro Expo è una battaglia dalla portata epocale in ci occorrono creatività concettuale e coraggio intellettuale

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